Ci sono parole che assumono, nel tempo, significati molto lontani dalla loro radice originaria. Quando diciamo ambiente oggi, per lo più, pensiamo alla natura o all’ecologia. Nel latino, fonte primaria della nostra lingua, ambiente deriva dal verbo ambire che significa circondare. Quindi, all’origine, l’ambiente è: tutto ciò che sta intorno. Partiamo da qui per cercare di comprendere come l’ambiente sia vitale nella nostra esperienza di vita e di come questa relazione uomo/ambiente non si possa ridurre entro semplici formule ideologiche, ma rappresenti e costituisca la base per ogni esperienza di vita personale e collettiva.
L’ambiente non è solo tutto ciò che sta intorno ma, piuttosto, tutto ciò che ci sta intorno: questo perché non può esserci una percezione/conoscenza dell’ambiente senza una sua rappresentazione culturale, e quindi una sua identità pienamente condizionata dalla presenza umana/relazionale. Quando nasciamo, ma per certi versi ancor prima della nostra venuta al mondo, entriamo immediatamente in contatto con l’ambiente che, volontariamente o involontariamente, diventa parte integrante della nostra vita: vivendolo, lo subiamo e, nello stesso tempo, contribuiamo a modificarlo. Siamo sempre agenti attivi della qualità del nostro ambiente. Ognuno di noi, ogni persona, assume, consapevolmente o meno, sempre un ruolo attivo e protagonista dentro il proprio mondo/ambiente. Ma poiché i nostri orizzonti crescono e si modificano con il passare del tempo e delle esperienze, per essere più precisi, dovremmo parlare di ambienti al plurale.
La nostra conoscenza del mondo – che è costituito da ambienti – procede per processi di apprendimento progressivi, anche se non sempre lineari. Ciò che è certo è che apprendiamo sempre lungo tutto il corso della vita. Dapprima in contesti/ambienti/relazioni più intime e ristrette; poi, man mano che cresciamo, i nostri mondi si allargano ponendoci entro contesti/ambienti/relazioni diverse e molteplici. Dentro questi mondi/ambienti noi apprendiamo in maniera focalizzata – quando scegliamo di imparare – e diffusa – quando apprendiamo involontariamente mentre viviamo. Mentre apprendiamo cambiamo e cambiando noi stessi, modifichiamo anche i contesti di vita entro cui ci muoviamo, trasformando in tal modo gli ambienti che ci stanno intorno.
Se scegliamo di guardarla da questa prospettiva è evidente che la parola ambiente assume un significato molto più complesso, che richiede un surplus di responsabilità da parte di ognuno per rendere la natura/mondo, madre di tutti gli ambienti, un luogo di vita possibile per ogni persona. L’ecologia diventa, da questa prospettiva, molto più di una scelta ideologica o di una varietà di proposte politiche. Non è un caso che papa Francesco, nei suoi numerosi interventi su questi temi, la utilizzi affermando che la degradata situazione ecologica oggi è: “manifestazione esterna della crisi etica e spirituale della modernità” (Laudato sì p.119). Mali della modernità che, collocandosi dentro una cornice egocentrica, si evidenziano con una cultura dello scarto che elimina i deboli ed i poveri.
La vita sulla terra oggi è messa a rischio. Molteplici cause di degrado/inquinamento, di ingiustizia, di violenza stanno rendendo la nostra esperienza di vita sulla terra più difficile e precaria. Stiamo vivendo, riprendendo la visione di Francesco, una crisi ecologica epocale con caratteristiche uniche ed inedite. Alla radice di questa situazione è evidente che sussiste una visione errata e malata del rapporto tra uomo e natura, il cui prodotto è un degrado ecologico che va di pari passo con un progressivo impoverimento delle popolazioni, specie quelle più deboli e sottoposte a processi di sfruttamento. Povertà e degrado sono, quindi, le due facce della stessa medaglia e rappresentano il risultato dei rapporti diseguali tra i popoli ricchi e quelli poveri, tra il nord ed il sud del mondo (Laudato sì p. 20,51,123,158).
La questione ecologica oggi necessita di politiche specifiche su scala mondiale, ma anche di una disponibilità personale di ognuno al cambiamento. La Dottrina sociale della Chiesa propone ai credenti, ma anche a tutti gli uomini di buona volontà, una visione della crisi in atto nel mondo che si allontana da una rappresentazione ambientalista ristretta, per cercare proposte e soluzioni che guardino al problema nella sua interezza e profondità. Abbiamo tutti bisogno di un pensiero, di parole e di azioni pratiche che ci permettano di interpretare e dare senso a ciò che sta accadendo nel mondo.
Alcuni concetti espressi in questi anni da Francesco sono chiari e disponibili per tutti: la responsabilità sociale dell’uomo sull’ambiente, la critica al paradigma tecno-economico, l’attenzione alle culture indigene e alla loro visione alternativa della relazione uomo/ambiente, la necessità di praticare una ecologia integrale. La crisi ecologica e sociale, afferma il Papa, è davvero complessa e, di conseguenza, non ha soluzioni semplici: queste non possono essere solo tecniche o economiche, piuttosto richiedono una vera conversione delle istituzioni, dei governi e delle persone.
È evidente che questa prospettiva ecologica integrale chiama ed interpella tutti: nessuno può sentirsi escluso. Come rimanere indifferenti? Ognuno di noi, nella sua pratica quotidiana, può contribuire a migliorare o a peggiorare il mondo/ambiente che gli è dato da vivere. La qualità della vita mia e degli altri dipende anche dal mio personale modo di abitare gli ambienti entro cui sono chiamato a vivere. Cerchiamo quindi insieme soluzioni creative, partecipate e solidali: lasciare il mondo migliore non è solo una responsabilità ed una fatica, ma anche una gioia e, per i credenti una forma di preghiera per contribuire a creare, proprio qui su questa terra, il regno di Dio.
In questo focus abbiamo chiesto ad esperti di diverse discipline (economia, scienze politiche, filosofia, fisica e politica) di riflettere sul tema di uno sviluppo umano, economico ed ambientale sostenibile nella prospettiva indicata dal paradigma dell’ecologia integrale.
Iniziamo con Simone Romagnoli (Coordinatore nazionale dei Giovani delle Acli) che osserva come “l’ecologia integrale ci insegna che non è possibile ormai pensare ai grandi problemi della società come sconnessi tra loro. Per questo motivo nessuno può pensare di affrontare la complessità dei temi senza l’aiuto di chi ha accanto, senza sentirsi parte di quel “NOI” che fa da fondamenta per il confronto. E per evitare che il futuro sia solo una grande e bella scusa per “non fare”, bisogna tramutare da adesso il pensiero in concretezza, solo a quel punto potremo dire che il futuro sarà il nostro obiettivo, solo allora il presente acquisterà senso trasformando le “scuse” in traguardi”.
Il nostro direttore, Leonardo Becchetti (Docente di Economia Politica presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma “Tor Vergata”) sottolinea che “quando aggiungiamo l’aggettivo integrale alla parola ecologia intendiamo dire che oggi non possiamo considerare la dimensione ambientale senza preoccuparci delle ricadute su quella sociale e sulla soddisfazione e ricchezza di senso di vita delle persone. Altrimenti saremmo come medici che prescriviamo una medicina contro una grave malattia senza preoccuparci degli effetti collaterali. La transizione ecologica per avere successo e non creare rivolte sociali stile gilet gialli deve essere equa e non ricadere su famiglie e imprese. Dobbiamo dimostrare quanto questo sia bello e “redditizio” dal punto di vista della soddisfazione di vita individuale per vincere la sfida di generale la massa critica necessaria per vincere la sfida della transizione ecologica e del bene comune”.
Per Flavio Felice (Docente di Storia delle dottrine politiche all’Università del Molise) “l’impegno a favore dell’ecologia umana integrale tocca il destino stesso dei sistemi democratici, una domanda che incontra quella linea del pensiero politico che non ama farsi cullare dalla retorica razionalista e costruttivista, di coloro che incautamente e forse mossi persino dalle migliori intenzioni, si fanno paladini delle cause più nobili, certi di avere generato e custodita nella propria mente la soluzione ai drammi dell’umanità. (…) Oggi la questione rilevante sembra essere la seguente: come potranno sopravvivere le democrazie in assenza di una sana e forte base morale, garantita dalle istituzioni che sgorgano dalla tradizione giudaica e cristiana?
Markus Krienke (Docente di Filosofia moderna ed Etica sociale presso la Facoltà di Teologia di Lugano e Direttore della Cattedra Rosmini e Rete Laudato si’) osserva come “con la Laudato si’, Papa Francesco pone la questione della giustizia nella «casa comune». Proprio dalla costatazione dei limiti dell’attuale ordinamento internazionale nasce la proposta epocale della Laudato si’ che, andando oltre l’appello morale e il linguaggio ricco di immagini, indica la necessità di una riforma etico-istituzionale capace di integrare le dinamiche del libero mercato in una nuova visione del rapporto tra i popoli capace di superare davvero la dicotomia tra popoli “del nord” e “del sud”: un nuovo «contratto globale dei popoli»”.
Secondo Federico Maria Butera (Professore emerito di Fisica Tecnica Ambientale al Politecnico di Milano) “per combattere il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, valori quali sobrietà, equità, solidarietà, devono essere messi in primo piano, tanto all’interno di ciascun paese quanto nei rapporti fra paesi diversi. Ma non solo, occorre anche che si sviluppi: capacità di visione sistemica, consapevolezza dei limiti, del nostro essere parte integrante dell’ambiente e consapevolezza della unità della scienza. La transizione ecologica, e le COP che ne sono parte, deve contenere tutto questo, perché il nostro pianeta è un sistema complesso.
Nell’intervista, curata dalla nostra redazione, Antonello Pasini (Climate change scientist del CNR) osserva che “per combattere il riscaldamento globale dobbiamo tutti adottare un diverso modo di produrre energia. È giusto chiedere a tutti di farlo, ma occorre anche fornire i mezzi per attuare questa transizione a chi non li ha”. Ed ha aggiunto che “è assolutamente necessario spingere la politica verso un dibattito più corretto sui temi ambientali, su un tema di beni comuni per noi e per le future generazioni. Spesso i politici puntano ad un facile consenso immediato con l’ipersemplificazione dei problemi e con posizioni populiste. La transizione ecologica è una questione complessa e che richiede un approccio più serio: bisogna cambiare registro e orizzonte temporale”. Pasini ha concluso osservando come serva un impegno in tutti gli ambiti per “preservare la salute della nostra Terra, il nostro massimo bene comune”.
L’onorevole Rossella Muroni (Deputata Gruppo misto MAIE-PSI-FACCIAMOECO e già presidente Nazionale di Legambiente), nell’intervista realizzata e curata da Fabio Cucculelli, dopo aver richiamato le responsabilità della politica rispetto alle questioni ambientali, ha sottolineato il ruolo della Laudato si’: “Ricordiamoci che nel 2015 gli accordi di Parigi sono stati firmati anche perché è arrivato un Papa che ha scosso i potenti dicendo parole importantissime scrivendo una bellissima enciclica che secondo me è “femminista” e rivoluzionaria, perché (…) tiene assieme i grandi temi etici, morali e spirituali con temi molto concreti come la raccolta differenziata. È una enciclica che ha ben presente il ruolo centrale della comunità e da questo punto di vista sicuramente la Chiesa e le comunità di fedeli possono essere motori del cambiamento, dei centri propulsori di cambiamento”. Ha inoltre sottolineato il ruolo delle donne: “la questione ambientale è stata per molto tempo disconosciuta e ha bisogno adesso di uno sguardo orizzontale, complessivo, di sistema che è tipicamente femminile e che trova nella innovazione tecnologica anche una ricaduta in termini di impresa”.
Il focus propone anche una selezione di articoli, pescati dalla rete, sul tema dell’ecologia integrale e della transizione ecolgica.
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