Il testo non contiene novità dal punto di vista della teoria e della pratica della nonviolenza, ma il fatto che il Pontefice riconosca ad essa la supremazia e la indichi come mezzo per “guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali”, e come “stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme”, è un ‘segno dei tempi’ che ha un valore inestimabile.
Come ricorda Francesco, infatti, la nonviolenza è l’arte di vivere che deve permeare tutta la nostra esistenza. Non a caso il Papa, nelle prime righe del messaggio, si rivolge anche ai bambini e alle bambine e ricorda che la nonviolenza nasce dal cuore dell’individuo e deve giungere fino alla politica internazionale. È questa la grandissima novità del documento. La nonviolenza non più intesa come una via personale di salvezza, ma come metodo politico di azione sociale e anche per i rapporti tra gli Stati.
Se prendiamo sul serio le parole di Francesco, che egli rivolge non solo ai credenti ma a tutte le persone e a tutti i popoli, è finito il tempo della delusione, della rabbia, dell’accusa, del dileggio, dell’indignazione, della protesta, dell’abbandono, dell’indifferenza. Quel tempo è finito.
E’ l’ora della nonviolenza. E’ il tempo di agire con la forza della verità, è il tempo del potere dell’amore, è il tempo della bellezza e della bontà, del fare cose buone e belle. E’ il tempo della compassione, del programma costruttivo, della fiducia, del rispetto, della solidarietà, è il tempo della ricerca del benessere e della felicità per tutti. E’ il tempo di prendere in mano il presente di ciascuno.
E’ questa l’ora della nonviolenza. La nonviolenza è la tensione profonda per cambiare una società che sentiamo inadeguata, è la pietra angolare su cui costruire il futuro, è il varco attuale della storia.
E’ il tempo di essere personalmente il cambiamento che vogliamo vedere intorno a noi: lo si può fare solo insieme. Dall’io al noi, dal tu al tutti, la nonviolenza è politica.
E’ il tempo di disarmarci, per disarmare l’economia, la politica, l’esercito.
Incominciamo noi a disarmare. Disarmiamo la nostra abitudine a lanciare accuse contro gli altri. Sembra essere diventato lo sport nazionale: criticare, distruggere, trovare subito il colpevole, ridicolizzare o demonizzare l’avversario. Tutti contro tutti. Basta andare a leggere qualsiasi pagina dei social network più diffusi, da facebook e twitter, per trovare immediatamente messaggi con critiche feroci, sfoghi degli istinti più bassi che hanno l’obiettivo di addossare la responsabilità del male diffuso su qualcuno al di fuori di noi. Ormai non c’è più dibattito politico, c’è scontro e divisione.
Noi dobbiamo spezzare questa logica distruttiva. Non per un ingenuo buonismo (anche se ho sempre pensato che il buonismo sia comunque meglio del cattivismo), ma perchè sappiamo che la verità la si trova cercando di capire anche le ragioni altrui. E quindi è importante saper ascoltare e saper vedere la parte costruttiva, la parte positiva che c’è negli altri, e dunque anche negli avversari politici. Bisogna essere fermi nei principi irrinunciabili, fedeli ai valori fondanti (la sacralità della vita, la dignità di ogni persona, il rifiuto della violenza, la giustizia, la libertà, la pace), ma poi bisogna saper dialogare con tutti, trovare punti di accordo, rispettare e pretendere rispetto.
Dobbiamo riannodare etica e politica. Il degrado è iniziato quando c’è stata la separazione ed ha prevalso la pura “politica”, fredda, calcolante, strumentale, finalizzata. L’etica è stata abbandonata anche dai partiti, che dovevano essere mezzi per raggiungere il fine, strumenti utili all’obiettivo, ma sono diventati pura organizzazione, priva di contenuti, simili l’uno all’altro nei meccanismi di funzionamento: personalizzati, verticistici, affaristici. E fatalmente sono andati in crisi.
Ora tocca ricostruire la politica e le sue forme. E lo dobbiamo fare con il metodo della nonviolenza.
Quale sia questo metodo è scritto chiaramente nella Carta del Movimento Nonviolento che elenca la gradualità dei passi nonviolenti da compiere:
– l’esempio (incominciamo noi, personalmente, a fare una nuova politica, pulita);
– l’educazione (educhiamo i giovani e rieduchiamo gli adulti alla passione per l’impegno pubblico);
– la persuasione (forza interiore con la quale contrastare quella distruttiva della violenza);
– la propaganda (diffondere l’ideale della nonviolenza per realizzarne l’organizzazione);
– la protesta (avere la capacitò di dire i “no” necessari per non diventare complici);
– lo sciopero (strumento essenziale per rivendicare la dignità e il diritto al lavoro);
– la noncollaborazione (rifiutarsi di collaborare con il male, viene ancor prima che fare il bene);
– il boicottaggio (applicare una forza morale, di rinuncia, per colpire economicamente un’ingiustizia);
– la disobbedienza civile (disobbedire alla legge ingiusta, accettare la pena, per una legge migliore);
– la formazione di organi di governo paralleli (nasce il nuovo potere che sostituirà quello vecchio).
Dunque, per disarmare da qualche parte bisogna pur iniziare. Siamo arrivati ad una situazione insostenibile. Non ci sono mai state tante armi in giro per il mondo come ora. Per ridurre il potenziale bellico, bisogna che qualcuno inizi a disarmare, a rinunciare al proprio esercito. Abolendolo. Un primo passo che potrebbe essere seguito da altri.
Il buon esempio, solitamente, non viene mai dai grandi e dai potenti, dagli arroganti e dai fanatici.
Ci vuole un saggio, un coraggioso, un visionario capace di un gesto profetico, illuminato, utopico.
E’ Papa Francesco questo uomo nuovo? Lo dirà la Storia.
Nel frattempo cerchiamo di esserlo noi stessi. Cominciamo qui ed ora.