Diventa centrale affiancare alla ricerca, alla promozione e all’impegno istituzionale un quarto elemento: l’educazione. Non è un caso che Papa Francesco dedichi l’intero ultimo capitolo della Laudato Sì a quella che egli stesso definisce la sfida educativa…

Le tematiche di un’economia sostenibile sotto il punto di vista sociale ed ambientale non sono mai state così presenti sulla scena del dibattito mondiale come in questi ultimi due anni. Alcune fra le tappe fondamentali che hanno contribuito ad alimentare il movimento interdisciplinare della sostenibilità sono state: l’uscita dell’Enciclica Laudato Sì (2015); la COP 21 (2015) e l’adozione degli SDGs (i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite -2015, declinati dalla IAEG-SDGs in 241 indicatori -2016). Intorno a questi eventi-simbolo, anche in Italia, sono nate una pluralità di iniziative tanto nel campo della ricerca scientifica, quanto in quello della promozione sociale (non si può non pensare all’enorme lavoro che sta svolgendo l’ASVIS –Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile- costituita proprio con l’intento di promuovere gli SDGs).

Un ruolo di primo piano, in questo processo verso la sostenibilità, è giocato da alcune delle istituzioni del nostro paese.

L’Istat, chiamato dalla Commissione statistica delle Nazioni Unitea svolgere un ruolo attivo di coordinamento nazionale nella produzione degli indicatori per la misurazione dello sviluppo sostenibile e il monitoraggio dei suoi obiettivi”, ed impegnato già dal 2013 con il progetto BES (acronimo di Benessere Equo e Sostenibile) nello sviluppo di misure capaci di raccontare l’evoluzione del benessere multidimensionale seguendo una prospettiva di equità e sostenibilità, ha elaborato una prima serie di indicatori di sviluppo sostenibile specifici, con l’obiettivo di rendere attuale e concreta l’Agenda2030 nel nostro paese. A maggio 2017, aggiornando il lavoro illustrato a fine 2016, sono stati presentati 173 indicatori in riferimento a 100 indicatori SDGs. Di questi ben 38 sono indicatori contenuti nel BES.

L’attuale Governo, con la legge 163/2016 (art. 14), approvata nel giugno 2016 con il voto favorevole di esponenti di tutte le forze politiche, ha promosso l’inclusione di indicatori BES nel ciclo di programmazione economico-finanziaria, riconoscendo l’importanza di valutare le scelte pubbliche e di politica economica contenute nel Documento di Economia e Finanza non solo in base al PIL. Come si legge nell’Allegato 6 al DEF 2017, “l’Italia è il primo Paese che, collegando gli indicatori di benessere equo e sostenibile alla programmazione economica e di bilancio, attribuisce a essi un ruolo nell’attuazione e nel monitoraggio delle politiche pubbliche”. Al momento gli unici indicatori BES inseriti sono quattro: due provenienti dal dominio del Benessere Economico (reddito medio annuo disponibile; indice di diseguaglianza del reddito disponibile), uno da quello del Lavoro e Conciliazione dei Tempi di Vita (tasso di mancata partecipazione al lavoro diviso per genere) e uno da quello Ambientale (emissione di CO2 e altri gas clima alteranti).

Dalla scelta dei quattro indicatori appena richiamati emerge con forza l’inscindibile relazione fra gli aspetti economici, sociali ed ambientali, le cui dinamiche sono reciprocamente dipendenti se si vuole concretizzare un processo che porti allo sviluppo umano integrale.

La ricerca, la promozione e l’impegno delle istituzioni non basta. La coltivazione di una consapevolezza solida e strutturata, diffusa fra tutti i cittadini, è necessaria e imprescindibile per un reale cambiamento. Lo sviluppo sostenibile non è una questione che può dipendere unicamente dalle capacità e dalle scelte di un’elite. Lo sviluppo sostenibile si realizzerà nel momento in cui le scelte quotidiane di tutti saranno orientate consapevolmente in questa direzione: o sarà partecipato dal basso, o non sarà, rimanendo una complessa, articolata ed elegante teoria che illustra la strada di un benessere multidimensionale diffuso e duraturo espresso solo in potenzialità.

Diventa quindi centrale affiancare alla ricerca, alla promozione e all’impegno istituzionale un quarto elemento: l’educazione. Non è un caso che Papa Francesco dedichi l’intero ultimo capitolo della Laudato Sì a quella che egli stesso definisce la “sfida educativa” (§ 209), sottolineando l’importanza di puntare su un altro stile di vita (§§ 203-208), educando all’alleanza fra umanità e ambiente (§§ 209-215), generando una conversione ecologica integrale (§§ 216-221), capace di rinnovare la passione per le virtù e l’impegno civile e politico (§§ 228-232).

Nuove abitudini e conseguentemente un nuovo sviluppo sono possibili solo a partire dalla conoscenza cui segue la presa di coscienza (§ 209). Per tale ragione è opportuno “reimpostare gli itinerari pedagogici di un’etica ecologica, in modo che aiutino effettivamente a crescere nella solidarietà, nella responsabilità e nella cura basata sulla compassione” (§ 210). L’educazione è chiamata a far emergere la cittadinanza ecologica, perché “l’esistenza di leggi e norme non è sufficiente a lungo termine [..] Affinché la norma giuridica produca effetti rilevanti e duraturi è necessario che la maggior parte dei membri della società l’abbia accettata a partire da motivazioni adeguate, e reagisca secondo una trasformazione personale” (§ 211). La promozione senza educazione non rimane nel tempo. La regolamentazione senza educazione non basta a preparare il terreno per lo sviluppo sostenibile.

In questa prospettiva l’azione della società civile può supportare ed integrare in misura importante le scelte istituzionali, promuovendo corsi di formazione al benessere multidimensionale e allo sviluppo sostenibile in tutte le rispettive aree e luoghi di competenza. L’educazione a queste tematiche è la leva per attivare la cittadinanza responsabile necessaria per progettare e realizzare scelte economiche, ma non solo, che siano mosse dal paradigma proposto nel BES (e negli SDGs a livello internazionale), integrando ed armonizzando nell’analisi costi-benefici tanto gli aspetti ambientali quanto quelli sociali.

L’urgenza della sfida educativa è stata colta, per esempio, dalla Camera di Commercio di Taranto, che fra marzo e giugno 2017 ha promosso un corso di alta formazione in materia di “Progettazione e Gestione di Città e Territori Intelligenti”, con l’obiettivo “di formare il Responsabile della Sostenibilità, una figura professionale che andrà a operare negli enti locali (comune, provincia, regione) occupandosi, in linea con l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile n. 11 di Agenda 2030, di rendere le città inclusive, sicure, resilienti e sostenibili”. Il corso è stato rivolto a tre differenti profili: personale dipendente a tempo indeterminato di pubbliche amministrazioni; giovani laureati; amministratori e policy maker attualmente in carica.

Un’altra iniziativa di rilievo è quella promossa congiuntamente dalla SEC e da NeXT, che propone per le scuole secondarie superiori, con riferimento all’area tematica 4 del Programma Operativo Nazionale (PON) 3.2 – competenze di cittadinanza globale – e/o 3.7 –educazione all’imprenditorialità -, un progetto dal titolo “Percorsi pluridisciplinari di approfondimento del paradigma dell’Economia civile”.

L’auspicio è che questi esempi virtuosi siano seguiti da altre istituzioni, dalle realtà della società civile e da tutti quegli enti che hanno la responsabilità di pensare e realizzare una formazione (anche permanente) che sia funzionale ad uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale

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