Quello delle elezioni del 4 marzo 2018 è un risultato straordinario per il Movimento 5 stelle. Non tanto (o non soltanto) in quanto il Movimento riesce a conquistare 10,7 milioni di voti (il 32% dei voti validi) ma perché i partiti nuovi alla seconda prova elettorale sono destinati (questo ci dicono i dati disponibili) a subire delle perdite, o comunque a ridimensionare i propri consensi. Questo non accade nel caso del Movimento 5 stelle che tende, al contrario, ad aumentare considerabilmente (di quasi due milioni di voti) il suo bacino elettorale. È interessante, allora, provare ad analizzare sia le ragioni di questo grande successo che i mutamenti sociali e politici che stanno alla base dell’emergere, nel sistema politico italiano, di questo nuovo soggetto politico.
Il contesto delle elezioni 2018 è stato segnato, come noto, da una serie di temi e di problemi: gli effetti della crisi economica, che nonostante i segnali di ripresa (ad esempio, il tasso di crescita), sembrano rappresentare ancora una grande preoccupazione per gli italiani, soprattutto nel sud del paese; il tema dell’immigrazione, e una crescita dell’intolleranza e del razzismo, che a seguito dei fatti di Macerata si è riproposto in tutta la sua urgenza; una sensazione di mancanza di rinnovamento della classe dirigente che i governi di larghe intese dell’ultima legislatura non hanno fatto che acuire.
Ma, a un livello più generale, sappiamo che il sistema politico italiano ha subito dei cambiamenti negli ultimi decenni, trasformazioni comuni a molte democrazie occidentali. In Italia il punto di svolta si è avuto con il passaggio dalla cosiddetta prima alla seconda repubblica quando, a seguito di Tangentopoli e della caduta del Muro di Berlino, i partiti di massa che avevano caratterizzato la vita politica italiana hanno cessato di esistere. La seconda repubblica è quindi caratterizzata dal declino della politica ideologica (che può essere letto sia nella crescente sfiducia nei partiti che nell’allentamento delle fedeltà elettorali) e, a livello della competizione partitica, da una dinamica bipolare che oppone il centrodestra, rappresentato da Berlusconi, e il centrosinistra. Come noto, questa dinamica bipolare viene rotta nel 2013 dal Movimento 5 stelle. E i risultati del 2018 sembrano indicare che non siamo sul punto di tornare indietro.
Da dove vengono, quindi, i voti del Movimento 5 stelle? Dal punto di vista geografico, vediamo come il successo del Movimento si costruisce soprattutto nel sud Italia. Se questo, da una parte, può essere dovuto alle condizioni di disagio maggiormente presenti al sud (e alla proposta, da parte del Movimento, del reddito di cittadinanza), dall’altra possiamo ipotizzare che questo possa essere dovuto anche a fattori legati all’offerta elettorale. Se, infatti, i dati dei flussi elettorali indicano che al nord il Movimento 5 stelle perde voti nei confronti della Lega, questo non accade al Sud, dove il Movimento 5 stelle non subisce la concorrenza del partito di Salvini. Dal punto di vista politico, se i primi studi sul Movimento mostravano che i suoi elettori provenivano da partiti di centro-sinistra e di protesta, a partire dal 2013 l’elettorato del Movimento 5 stelle si configura come sempre più trasversale, prendendo voti da tutti i settori dello spazio politico, compresa l’astensione. Nel 2018, i dati indicano che il Movimento conquista una quota consistente di voti dal Partito democratico, probabilmente a causa della delusione e dell’insoddisfazione dell’elettorato di centro-sinistra nei confronti del partito.
Da cosa sono stati attratti, dunque, questi elettori? E cosa ha spinto gli elettori a rimanere fedeli al Movimento? Per iniziare a rispondere a questa domanda possiamo constatare che in questi ultimi 5 anni il Movimento si è sì trasformato, ma ha anche mantenuto alcune delle sue caratteristiche fondamentali.
La trasformazione è percepibile sia dal punto di vista comunicativo che da quello organizzativo. Dal punto di vista comunicativo, grandi sono le differenze tra la campagna elettorale del 2013 e quella del 2018. La campagna elettorale del 2013 era stata scandita dalle tappe dello Tsunami Tour: i comizi-spettacolo che Grillo aveva portato in più di settanta città italiane. Grillo era l’unico volto noto del Movimento a livello nazionale, e infatti i comizi (improntati alla protesta antisistema) si configuravano come una sorta di one man show. Se quindi la piazza era l’elemento centrale della campagna elettorale 2013, questo cambia nel 2018. La campagna 2018 è stata giocata infatti sulla conquista del governo da parte del Movimento. Ad esempio, altamente significativa in questo senso è stata la comunicazione di un’eventuale squadra di governo da parte di Di Maio nelle ultime settimane di campagna. Inoltre, il protagonista non è più il solo Grillo ma i parlamentari del Movimento, soprattutto Di Maio: il nuovo “capo politico”, i cui toni e i cui approcci non possono essere più diversi da quelli del fondatore. E questo rappresenta un cambiamento non solo di forma ma di sostanza.
Per quanto riguarda la sostanza, possiamo da una parte osservare come si siano affermate, negli ultimi cinque anni, alcune personalità importanti nel Movimento 5 stelle. Parlamentari che, diversamente dal 2013, non diffidano più del mezzo televisivo e che sembrano riproporre dinamiche di personalizzazione, tanto osteggiate agli inizi. D’altra parte, l’elezione di Di Maio a capo politico è un cambiamento organizzativo molto rilevante per un Movimento che si proclamava leaderless, senza leader. La pubblicazione del nuovo statuto (dicembre 2017) dà al capo politico molti poteri, ma ne sancisce anche la transitorietà (il capo politico dura in carica cinque anni, a differenza del garante – Grillo – che lo rimane a tempo indeterminato). In generale, nonostante una retorica contraria, vediamo come si strutturi nel Movimento 5 stelle una sorta di struttura interna, ancora molto diversa da quella dei partiti tradizionali, in cui però sembra formalizzarsi un ruolo di comando.
Il Movimento è diventato, quindi, un partito come gli altri? Parallelamente a queste trasformazioni, possiamo osservare come alcuni elementi caratterizzanti del Movimento 5 stelle rimangano invariati. Lo è, per esempio, la regola dei due mandati, lo sono i candidati scelti dalla base, non professionisti della politica, lo è la lotta agli sprechi e ai privilegi della classe politica. Possiamo dunque affermare che il Movimento è riuscito a riposizionarsi dalla protesta alla conquista del governo, mantenendo alcuni dei suoi tratti caratteristici.
Quali, quindi, le ragioni del successo? Possiamo riprendere i fattori contestuali di breve e di lungo periodo che abbiamo presentato nella parte iniziale di questo contributo. In generale, in un contesto di crisi dei partiti e di declino della politica ideologica, un attore politico come il Movimento 5 stelle, che rifiuta (almeno in principio) le caratteristiche organizzative e ideologiche dei partiti tradizionali, sembra rispondere alle aspettative dei cittadini disillusi dalla politica. Più nello specifico, il Movimento 5 stelle è, come noto, restato all’opposizione nella precedente legislatura, mantenendo la sua “purezza” e la sua distanza dagli altri partiti, anche per quanto riguarda la responsabilità degli effetti della crisi. Come detto, la misura del reddito di cittadinanza potrebbe rappresentare una parte del suo successo al sud. Per quanto riguarda l’immigrazione, il Movimento ha una posizione ambigua, che sembra inseguire la Lega, l’altro vincitore di queste elezioni. Infine, per quanto riguarda la percezione di mancato rinnovamento della classe politica, i parlamentari 5 stelle sono cittadini comuni, scelti dagli altri attivisti, e rappresentano perciò il cambiamento.
Tuttavia, a differenza che nel 2013 (e si tratta di una differenza molto rilevante), questa volta il Movimento 5 stelle non sembra sottrarsi ad eventuali alleanze con gli altri partiti, ai fini di formare un governo. La partecipazione del Movimento 5 stelle al governo del paese, tema d’attualità mentre scriviamo, comporterebbe il venir meno di alcuni dei fattori che ne hanno segnato il successo. E questo sarà senza dubbio il banco di prova più importante per il Movimento.
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