Caso isolato di finanza innovativa etica e cattolica, o no?
Per la verità il cristianesimo in generale ha sempre, prima ancora della nascita ufficiale della Dottrina Sociale della Chiesa – che normalmente si fa risalire all’enciclica Rerum novarum di Leone XIII del 1891 – dato più di “una mano” alla teoria economica e alle sue attività pratiche. Di fatto, l’interrogarsi sulla gestione del denaro e la sua rispondenza al Vangelo fin dalla Patristica, ha fatto sì che la problematica povertà/ricchezza influisse pesantemente sulla vita quotidiana, iniziando con i Benedettini.
Fu infatti con la loro esperienza e, successivamente, con quella dei francescani, che si cominciarono a valutare e a studiare quei temi “economici” che hanno condotto ad una formulazione del lessico e della teoria economica. Parole come scarsità, abbondanza, sopravvenienze, rarità, ricchezza, povertà, lavoro, rendita, mercato, denaro, banca, credito, debito, preparazione economica, impresa, costo del lavoro, strumenti operativi di credito e di debito, partita doppia, tecniche di bilancio e contabilità aziendale, e così via… cominciano ad essere valutate e studiate e divengono comuni nei vari aspetti della vita umana sia laica che religiosa. Vanno ricodiati i francescani Pietro di Giovanni Olivi, San Bernardino da Siena, San Bernardino da Feltre, Luca Pacioli (creatore della contabilità aziendale e della partita doppia). E non si può peraltro tacere dell’opera poderosa di un frate Domenicano, Sant’Antonino Pierozzi, Vescovo di Firenze, con la sua opera: Summa Moralis, considerata da J Schumpeter il più importante scritto economico fino all’età moderna.
Così i francescani, proprio per un problema di affrancamento del popolo sia della povertà e sia dalla piaga dell’usura – un istituto complesso all’interno delle religioni che l’hanno sempre condannata e che in ambito cristiano, dopo tanti anatemi in molti Concili, solo con Benedetto XIV si giunse ad un suo sdoganamento con l’ Enciclia Vix pervenit del 1745 – costituirono le prime banche della storia nella metà del sec. XV (molto diverse dai banchi dei mercanti): i monti di pietà, le prime banche etiche e di microcredito. Una famosa frase dell’economia francescana da il senso di questo percoso: “l’elemosina (la beneficenza) aiuta a sopravvivere ma non a vivere, perché vivere è produrre e l’elemosina non aiuta a produrre”.
Tale esperienza, basica nel panorama economico della storia delle banche, fu l’origine di quelle sociali e ad esse attinsero, per certi versi, quelle che sarebbero poi divenute famose in tutto il mondo dal XIX secolo: le Banche Popolari e le Casse Rurali. Tuttavia prima ancora di queste, si costituirono ad opera di esponenti del mondo cristiano le Casse di Risparmio proprio per i meno abbienti. In Umbria, per citare un esempio, l’idea di adottare i mezzi e lo Statuto delle Casse di Risparmio fu portata da mons. Gioacchino Pecci nel 1843. Pecci era allora Delegato Apostolico a Perugia. In seguito diverrà Vescovo di tale Diocesi ed infine divenne Papa con il nome di Leone XIII (nel 1878).
Per tornare alle banche cooperative, che nacquero in Germania con l’apporto di Hermann Schulze-Delitzsch (Banche popolari) e Friedrich W. Raiffeisen (Casse rurali), esse costituirono l’asse portante di un credito che si faceva socialità e concreto aiuto per i più deboli e poveri della società, ma che avevano voglia di “dare e fare” qualcosa. Il loro successo fu tale che, specie dopo l’enciclica Rerum novarum, si svilupparono in Italia le Casse rurali di matrice cattolica che, quasi sempre ad opera di parroci illuminati, riuscirono a contenere l’emigrazione e contribuirono allo sviluppo territoriale tanto che lo stesso Don L. Sturzo, divenuto Sindaco di Caltagirone in Sicilia, ne creò una. Così questa pratica di costituire banche di matrice religiosa per un’economia “di giustizia” (diremo noi oggi) si estese tra la fine del sec XIX e l’inizio del XX dando luogo a vari istituti tra cui, oltre quello citato all’inizio, il Banco San Paolo di Brescia, la Banca Cattolica del Veneto e così via.
Successivamente, con la nascita del welfare e con le varie leggi bancarie, è sparita dall’orizzonte di molte banche cattoliche la contestualità etica di produzione e ridistribuzione della ricchezza, sopravvivendo solo in parte nelle Casse rurali che hanno cambiato nome in Banche di Credito Cooperativo.
Tuttavia non si può sottacere un altro aspetto importante del ruolo delle religioni in economia: quello della finanza etica che si fa risalire a John Wesley, fondatore della Chiesa Metodista. Egli sosteneva fermamente l’esigenza di legare etica e finanza, ritenendo che gli investitori non dovessero agire come proprietari bensì come custodi dei beni di loro proprietà, senza creare ricchezza a scapito del loro prossimo.
Nel 1928 il Federal Council of Churches statunitense lanciò il Pioneer Fund, il primo fondo di investimento etico con l’esclusione d’investimenti in attività economiche svolte nei settori di produzione di alcolici, tabacco e pornografia. Il Pax World Fund introdusse nel 1971 la possibilità di aprire le sottoscrizioni anche ad investitori individuali non necessariamente propugnatori dei motivi “etici” alla base della costituzione del fondo. Le basi dell’investimento di questo fondo si legarono soprattutto a motivi politici ossia di protesta contro le società che traevano profitto dalla guerra in Vietnam.
Nel 1974, ad opera principalmente del movimento teosofico di Rudolf Steiner, iniziano ad operare le banche che si ponevano la finalità di coniugare il bene comune e la socialità con il denaro. In Italia, nel 1999, nasce Banca popolare ad opera di moltissime associazioni, in prevalenze cattoliche, per svolgere un’attività eticamente ed economicamente orientata. La DSC ha riconosciuto questo impegno e l’ha sollecitato – in particolare con la Caritas in veritate di Benedetto XVI – tanto da aprire strade nuove, ma che ancora fanno fatica ad affermarsi presso i credenti.
È bene, infine, ricordare la finanza islamica che, fedele al concetto coranico della Riba (proibizione dell’usura) adotta sistemi alternativi che coincidono molto con la finanza etica.
Concludendo: il cammino storico della finanza, anche etica, ha avuto le maggiori sollecitazioni da parte del mondo religioso, non solo cattolico e/o cristiano, meno da quello laico. Tuttavia non sempre vi è stata una risposta corale dei fedeli, in quanto attratti più dal denaro come fine che come mezzo (a differenza da quanto insegnato), e che bisogna ancora formare. Tutto è ancora, quindi, da costruire per un mondo migliore. Ciò vuol dire che tutti noi abbiamo un ruolo molto importante da svolgere per le future generazioni.