Nel dibattito di questo periodo è stata ribadita a più riprese e da più parti, l’importanza delle prossime elezioni europee per gli equilibri futuri e per la democrazia: se ne uscirà un parlamento a maggioranza sovranista potremmo veder cambiare entro breve il panorama del mondo che conosciamo e che abbiamo costruito dal dopoguerra. Rischieremmo di veder messo a repentaglio quello spazio creato dall’Unione Europea in cui ciascuno di noi può circolare, lavorare, studiare liberamente. Spazio che non ha precedenti nella storia, che non ha eguali negli altri continenti, che si è allargato sempre più nel corso dei decenni, garantendo prosperità e pace e che ha rappresentato sin dalla sua fondazione un modello studiato sul piano internazionale.
Che fare di fronte a questo rischio?
Occorre innanzitutto ribadire con forza che coloro che hanno la fortuna di vivere nell’UE, nonostante l’abitudine a considerare scontato – o a non apprezzare – tutto ciò di cui godono in Europa, non potrebbero rinunciare alla dimensione di libertà che l’UE ha garantito in questi 60 anni.
Dobbiamo dire con fermezza che in un mondo globale, fuori dall’Europa non abbiamo futuro e concentrarci su quanto l’appartenenza all’Europa cambia e ha cambiato in meglio la vita delle persone. Dobbiamo smettere di essere europeisti «con delle riserve»: Presentare l’Unione Europea come “il male minore”, o come qualcosa di molto complesso e lontano, pone le basi per un’attitudine al disinteresse e all’opposizione verso le forme di cooperazione tra gli Stati europei.
Dobbiamo essere «radicali» e avere il coraggio di dire che il progetto non può che essere gli Stati Uniti d’Europa, che bisogna trasferire sovranità nelle Istituzioni Europee e che queste ultime devono avere una maggiore legittimazione democratica.
Per riavvicinare i cittadini all’Europa è necessario fare proposte volte a migliorare il modo in cui le persone percepiscono l’UE, la conoscono, partecipano, interagiscono con essa e ne ricevono sostegno. Per far questo è fondamentale il potenziamento del ruolo del Parlamento Europeo (sarebbe bello arrivare ad avere liste transnazionali, basate su un chiaro progetto politico).
Un ulteriore passo in quest’ottica è costituito dalla previsione che il Presidente della Commissione europea sia eletto democraticamente su base europea. Questo avrebbe un impatto rilevante, dati i poteri che la Commissione detiene sul piano normativo, di controllo, di esecuzione delle politiche Europee.
Conferire un maggior grado di democraticità alle istituzioni europee è un passo fondamentale per consentire maggiori interventi dell’UE nel campo della politica sociale. È questo uno dei settori in cui maggiormente si avverte l’esigenza di una presenza più significativa dell’Europa, specie nella prospettiva di dare risposte a coloro che con la crisi avvertono forte la minaccia per le sicurezze proprie del Welfare State. Organismi più rappresentativi identificherebbero meglio quali bisogni siano prioritari rispetto ad altri.
Lo abbiamo visto nei fatti: quando l’UE realizza progetti che corrispondono alle aspettative e ai bisogni dei cittadini, l’adesione è immediata ed entusiasta: ne sono un esempio le centinaia di migliaia di giovani che hanno partecipato al programma Erasmus o agli Stages nelle Istituzioni europee.
Per far questo occorre un’alleanza molto larga in Europa, che non contrapponga l’uno o l’altro in inutili distinguo, ma che veda schierati insieme tutti coloro che hanno a cuore il progetto Europeo. Bisogna fare in modo che ci sia un fronte compatto che presenti un programma politico che, tra altri temi, punti a un’Europa che si fa carico di politiche sociali più incisive, che compia scelte politiche chiare di sostegno diretto delle fasce più deboli. Abbiamo il dovere di provare a costruire alleanze in Europa, cercando di elaborare un programma politico comune e chiaro.
Le proposte non mancano: dagli incentivi ai progetti economici sostenibili, al sussidio di disoccupazione, alla previsione che i fondi strutturali siano usati per finanziare le imprese che favoriscono la conciliazione dei tempi tra famiglia e lavoro, oppure alla possibilità di prevedere incentivi alle banche che facciano condizioni migliori di prestito alle giovani coppie, fino alla semplificazione burocratica della modalità di accesso ai fondi europei…e si potrebbe continuare…
Accanto a questo è fondamentale far conoscere quali politiche e quali scelte sono state possibili grazie all’Unione. A tal fine è importante dare grande diffusione alla conoscenza di alcuni documenti; uno su tutti la Strategia Europea 2020. In questo documento, che getta le basi di tutte le azioni politiche e finanziarie dell’Unione, si legge: “L’UE deve prendere in mano il proprio futuro. Per ottenere buoni risultati l’Europa deve agire in modo collettivo, in quanto Unione. Abbiamo bisogno di una strategia che ci consenta di uscire più forti dalla crisi e di trasformare l’UE in un’economia intelligente, sostenibile e inclusiva caratterizzata da alti livelli di occupazione, produttività e coesione sociale. Europa 2020 dà un quadro dell’economia di mercato sociale europea per il XXI secolo.
Europa 2020 presenta tre priorità che si rafforzano a vicenda:
– crescita intelligente: sviluppare un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione;
– crescita sostenibile: promuovere un’economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva;
– crescita inclusiva: promuovere un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale.
L’UE deve decidere qual è l’Europa che vuole nel 2020. A tal fine, la Commissione propone i seguenti obiettivi principali per l’UE:
– il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni deve avere un lavoro;
– il 3% del PIL dell’UE deve essere investito in Ricerca e Sviluppo.
– i traguardi “20/20/20” in materia di clima/energia devono essere raggiunti (compreso un incremento del 30% della riduzione delle emissioni se le condizioni lo permettono);
– il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani deve essere laureato;
– 20 milioni di persone in meno devono essere a rischio di povertà.
Questi obiettivi sono connessi tra di loro e fondamentali per il nostro successo globale. Per garantire che ciascuno Stato membro adatti la strategia Europa 2020 alla sua situazione specifica, la Commissione propone che gli obiettivi dell’UE siano tradotti in obiettivi e percorsi nazionali”.
Questa strategia è stata scritta e approvata dall’insieme degli Stati membri, chiamati a varare provvedimenti che rendano concreti questi obiettivi.
A tal fine ogni 7 anni viene approvato un Quadro Finanziario Pluriennale con risorse destinate proprio al raggiungimento di questi obiettivi e ogni Stato membro è chiamato ad approvare un Accordo di Partenariato in cui esplicita i percorsi nazionali che intende mettere in campo per attuare tale strategia.
Come si può vedere, nulla che venga “imposto o chiesto dall’Europa”; solo scelte effettuate insieme, ai tavoli Europei, dove ciascuno Stato è chiamato a portare la sua opinione, a votare le proposte e poi, ad agire di conseguenza con misure e provvedimenti concreti.
Grazie alla strategia EU 2020, all’accordo di partenariato 2014/2020 e a un lavoro sinergico tra Istituzioni e molti attori sociali sono state approvate nel nostro Paese molte misure che vanno nella direzione del raggiungimento di quegli obiettivi. Ne cito solo alcune (e invito ad andare a leggere i documenti relativi all’accordo di partenariato 14/20 con le misure connesse):
- Agenda digitale con il piano per la banda larga e ultralarga in modo che si riduca il divario digitale tra aree del Paese e ciascuno possa cogliere le opportunità date dalle nuove tecnologie
- Sostegno e incremento alle attività di innovazione delle imprese (industria 4.0, percorsi di internazionalizzazione, miglioramento dell’accesso al credito delle PMI, promozione dell’organizzazione della filiera agroalimentare)
- Efficientamento energetico degli edifici pubblici/privati
- Mobilità sostenibile nelle aree urbane
- Economia circolare (riduzione uso della plastica, gestione integrata rifiuti)
- Gestione rischio idrogeologico, servizio idrico integrato, tutela della biodiversità
- Piano di miglioramento della mobilità sostenibile (“cura del ferro” e ciclovie)
- Accesso all’occupazione per persone in cerca di lavoro (piano per i giovani, per i NEET, misure specifiche del Fondo Sociale Europeo, piani di mobilità lavorativa transnazionali)
- Promozione dell’imprenditorialità sociale per favorire l’occupazione (riforma del terzo settore)
- Piano di recupero delle periferie
- Miglioramento della qualità e dell’efficacia della qualità dell’istruzione favorendo il passaggio dal mondo della scuola a quello del lavoro (formazione professionale, alternanza scuola lavoro)
- Strategia per le aree interne ( in modo che chi vive in aree periferiche abbia una buona qualità di servizi, soprattutto su sanità, scuola, lavoro e mobilità)
- Agenda urbana: sviluppo integrato delle città con particolare attenzione a temi come l’inclusione sociale, la mobilità urbana, il contrasto alla povertà abitativa (realizzazione del Piano Casa)
- Efficientamento della Pubblica amministrazione
Molto è ancora il lavoro da fare, perché la qualità della vita nel nostro Paese è ancora disomogenea e gli indicatori molto diversi tra i territori e le fasce sociali.
Così come credo sia necessario rafforzare la dimensione sociale dell’Unione. In questo senso il lavoro fatto con la stesura del “Pilastro Sociale” è molto importante. Mi auguro non venga abbandonato da coloro che guideranno Le Istituzioni Europee nel prossimo mandato.
Sono certa però che i passi avanti che abbiamo fatto, sono stati possibili grazie alla spinta che arriva dall’essere parte del progetto comune europeo, dall’essere seduti a tavoli in cui ci si confronta con altri, dove possiamo portare i nostri punti forza, ma dove possiamo imparare e sentirci spronati da chi, su certi temi, riesce a fare meglio di noi.
Sono consapevole che i tempi non sono favorevoli e che il vento che soffia non è amico dell’Europa, abbiamo però il dovere di raccogliere la sfida di far comprendere (o ricordare) che la costruzione dell’Europa ha concesso a tutti noi di vivere meglio e che fuori da questo progetto consegneremo alle generazioni future un mondo peggiore. E nel buon esito di questo compito, dobbiamo credere noi per primi, studiando e applicando modalità di dialogo con coloro che sono scettici e che forse non comprendono appieno che cosa è in gioco alla prossima scadenza elettorale.
Per difendere l’Europa (progetto di pace, di democrazia, di tutela dei diritti umani e dell’ambiente) dobbiamo mettere in campo tutte le nostre capacità, energie e forze migliori, con l’impegno a far rete con le tante esperienze costruttive presenti nei vari ambiti culturali, economici, politici e sociali delle nostre comunità.
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