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I risultati disastrosi per gli studenti italiani, tra i più “somari” nella media dei Paesi OCSE fanno emergere il flop della scuola italiana o piuttosto la “questione settentrionale”? Se crolliamo al 38° posto nella matematica e al 36° per cultura scientifica, i risultati del Nord superano la media dei Paesi migliori.

L’indagine triennale OCSE PISA, che ha come campione di rilevazione i 30 Paesi dell’Area Ocse più i 27 Paesi partner, questa volta ha posto al centro della propria analisi le capacità dei giovani quindicenni nell’apprendimento delle Scienze.
 
Occorre innanzitutto fare una precisazione: questa indagine non misura le nozioni ma la capacità di applicarle nella realtà. Quindi non si può dire che la nostra scuola non insegni le discipline ma che è poco attenta alle competenze.
 
La ricerca PISA per il campo scientifico ha puntato a rilevare le capacità che i giovani studenti hanno di tradurre le loro conoscenze acquisite in campo scientifico in soluzioni di fronte ai problemi; le loro capacità di dare una spiegazione scientifica a fenomeni specifici; ed, infine, le capacità di interpretare i dati raccolti scientificamente a sostegno di una tesi scientifica.
 
Al terzo appuntamento con i risultati PISA, l’Italia, nel suo complesso non manca di stupire posizionandosi negli ultimi gradini della classifica. Esattamente al 36esimo posto dopo Estonia, Taipei, Polonia, Croazia, Slovacchia.
 
Il punteggio medio totalizzato dagli studenti italiani nella Scala complessiva delle Scienze è di 475 punti; valore non troppo distante dalla media Ocse (500 punti) ma che invece fa registrare uno scostamento ben più alto dai valori dei paesi best performer, come la Finlandia, che ha totalizzato 563 punti posizionandosi prima in classifica.
 
Complessivamente un quarto degli studenti italiani è sotto il livello 2 della scala a 6 livelli utilizzata per misurare le performance PISA. Ciò equivale a dire “il livello minimo che permette ai quindicenni di confrontarsi con i casi elementari che prevedono analisi scientifiche o tecnologiche”.
 
Ma l’Italia è fatta di realtà ben diverse tra di loro. Nelle scuole del Nord – Est i livelli di apprendimento superano la media OCSE e questo accade anche in quelle del          Nord-Ovest. La situazione peggiora al Centro ed esponenzialmente al Sud e nelle Isole. Trento, il Veneto e la Lombardia hanno performance che poco hanno da invidiare a quelle dei Paesi leader (Korea, Finlandia, Hong Kong, Canada).
 
Due sono gli insegnamenti da trarre. In primo luogo non mettere le briglie al Nord. Conflitti istituzionali come quello che in queste settimane oppone il Ministero della Pubblica Istruzione alla Lombardia, di cui è stata impugnata la legge regionale sull’istruzione, non aiutano. Come pure non aiuta la sostanziale disapplicazione del nuovo Titolo V della Costituzione e l’accentuato statalismo di molti degli ultimi provvedimenti in materia di istruzione che mortificano il ruolo delle regioni e l’autonomia scolastica e non valorizzano il volano della formazione professionale. In secondo luogo occorre evitare che cada l’oblio su questi dati. E’ auspicabile, al contrario, imitare la Germania. Tre anni fa la pubblicazione dei dati dell’indagine Pisa 2003 ha provocato in Germania un terremoto. E’ stato definito Pisa-Shock. Ben 823 articoli sono stati dedicati all’esame dei motivi delle insoddisfacenti performance degli studenti tedeschi.
 
La scuola tedesca si è attrezzata per risalire la china. E oggi si vedono i risultati . La Germania è risalita dal 18° al 13° posto.
 
L’Italia invece rispetto all’indagine di tre anni fa ha perso nove posizioni. Mentre questa indagine era motivo di riflessione e di ricerca di soluzioni in Germania da noi è stata subito archiviata.
 
Tre anni fa i nostri media, rispetto agli 823 articoli usciti in Germania hanno dedicato all’indagine Pisa solo 24 articoli. L’auspicio è che la lezione tedesca ci sia di insegnamento.
 
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