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Si va dal maestro unico al voto di condotta, dalla critica ai docenti come fannulloni part-time alla revisione delle “indicazioni nazionali” per il curricolo, dal taglio delle piccole scuole di montagna all’annuncio dell’aumento del tempo pieno… mentre si registra un silenzio di tomba sulla dimensione interculturale della scuola. A dispetto del documento La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri, che era stato presentato dal ministro Fioroni solo un anno fa ma ora già dimenticato…rn
In questa settimana si è diffuso nel nostro Paese – sulla riforma della scuola e dell’Università – un clima di scontro, al punto che non pochi giornalisti hanno scomodato il ’68 che invece è stato ben altra cosa.
Indubbiamente, però, siamo oggi dinanzi ad un’ “Onda” imprevedibile che si è riversata sulle strade e sulle piazze di tante città italiane del Nord e del Sud, ma di cui è difficile al momento prevedere se e quando si placherà e tornerà la bonaccia.
Riteniamo significativo segnalare la tempestività con cui il Cem-Mondialità, un piccolo ma tenace movimento educativo (promosso dai Missionari Saveriani), la cui rivista “Mondialità. Mensile di educazione interculturale” ha sede a Brescia, abbia colto al volo il fermento che si è creato nella scuola italiana per pubblicare un libretto “Oltre la riforma Gelmini. Per una scuola dell’intercultura” (EMI, Bologna 2008), a cura di Aluisi Tosolini, e abbia organizzato il 29 novembre scorso un seminario di studi, sempre a Brescia, su “L’educazione ai tempi della Gelmini. Oltre la scuola, la scuola e oltre”.
A giudizio del Cem-Mondialità, diretto oggi da Brunetto Salvarani, la scuola così com’è deve essere necessariamente cambiata ma nel quadro di una prospettiva di futuro e non limitandosi a tagliare risorse e a ridurre l’organico. La proposta del Cem è di avviare una riforma seria a partire da due dimensioni: a) quella antropologica, che indaghi sul tipo di persona che viene fuori da questa scuola; b) e la dimensione “politica”, che si interroghi sul senso della scuola nelle società plurali e complesse.
Dal libro e dal seminario emerge con chiarezza che la “riforma” Gelmini ci obbliga a riflettere con ancora maggiore profondità sul senso e sul significato dell’educazione e della scuola nel tempo del cambiamento, nelle società cognitive e del pluriverso. Nel tempo che Touraine chiama società del “post-sociale”.
Non si tratta solo di discutere di quanti debbano essere i maestri più o meno unici, o se il voto in numeri sia meglio del giudizio a parole. Si tratta, al contrario, di cercare di comprendere e discutere l’idea di persona, di società e di scuola che solo implicitamente viene proposta.
Se da un lato siamo infatti tutti concordi che la scuola deve essere rinnovata, è sul come e, soprattutto, sul “verso dove” che le idee differiscono.
Da una parte vi è chi ha un’idea di educazione, e quindi di società e di scuola, che assume il mutamento socio-culturale del nostro tempo come dimensione da attraversare con passione, nel tentativo di formare nuovi cittadini plurali, capaci di interagire con le differenze, consapevoli che la propria identità è frutto dell’interazione con la pluralità che costituisce la struttura stessa del tessuto sociale di oggi. E, dall’altra, vi è chi sostiene, al contrario, che si debba tornare ad un tempo in cui tutto era chiaro e lineare. Ad un pre-68 ricostruito a posteriori come il tempo dei fondamenti metafisici (Dio, patria e famiglia) e della certezza identitaria. Un tempo dell’uno e dell’ordine contrapposto al tempo del molteplice e del caos.
È da qui che occorre ripartire e trovare positivamente la via per “sortirne insieme”, non con l’avarizia dell’individualismo ma con la politica della riforma della scuola pubblica.
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