Il papa all’ Angelus ha reso omaggio a Galileo. Niente di strano per chi conosce la fede enorme dello scienziato italiano (che, come un altro grande padre della scienza moderna Blaise Pascal, morì invocando il nome di Gesù) e la profonda matrice cristiana della nascita della scienza Galileiana.

Infatti solo chi crede ad una realtà intellegibile perché stabilita da un Dio che ci ha costituiti a sua immagine e somiglianza alla base dell’apparente casualità del mondo può iniziare l’inaudito viaggio dell’interpretazione scientifica così come lo iniziò Galileo. La natura era da lui considerata la ‘versione scritta in caratteri matematici’ della Bibbia e lo scienziato aveva ben chiari i limiti della nostra interpretazione umana di questo meraviglioso libro (limitarsi alle affezioni quantitative senza tentare le essenze, insomma rendersi conto che la scienza ha a che vedere con le misure e non con le cose in sé).

Da Galileo la scienza di passi avanti ne ha fatti e, in maniera apparentemente paradossale, ha nei secoli abbassato di molto le sue pretese rispetto alla sua nascita: il carattere probabilistico della conoscenza scientifica, l’importanza ineludibile delle condizioni al contorno, l’ambito di esperienza piuttosto limitato di validità delle leggi fisiche hanno progressivamente fatto ritornare il pensiero scientifico nella direzione indicata da Tommaso d’ Aquino (adaequatio intellectus et rei, insomma limitarsi a dei modelli finiti che spieghino un ambito ristretto di esperienze piuttosto che leggi universali) attraverso l’assunzione del carattere fondante del calcolo delle probabilità come indicato dall’altro grande pensatore cristiano alla base della scienza moderna, Pascal appunto.

Tutti noi però dobbiamo a Galileo la fiducia nella prova sperimentale, il legame stretto tra la pratica scientifica e l’artigianato (L’Arsenal dei Viniziani, dove Galileo trovava i piani inclinati più lisci del mondo per poter eseguire le sue esperienze sulle leggi del moto), lo sforzo incessante verso la chiarezza e la semplificazione non banale, l’onestà intellettuale, che rappresentano i valori universali del pensiero scientifico. E per coltivare sul serio questi valori dobbiamo necessariamente amare la natura che ci circonda e osservarla con sguardo amoroso, ed è a tutto questo che il Santo Padre rende omaggio.

Galileo ebbe una questione importante e spinosa con la Chiesa riguardo alla teoria eliocentrica, ma se leggiamo le testimonianze degli autori e particolarmente quello che il giudice del processo, il cardinale Roberto Bellarmino, amico fraterno di Galileo, dice a proposito del caso, ci accorgiamo che le cose stanno in maniera molto differente rispetto alla vulgata positivista del Cattolicesimo oscurantista contro l’eroe del libero pensiero, ecco cosa scrive il cardinale : ‘Dico che quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro del mondo e la terra nel 3° cielo, e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole,
allhora  bisogneria andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono
contrarie, e più tosto dire che non l’ intendiamo, che dire che sia falso quello che si dimostra.’

Insomma, analogamente a quello che accadrebbe ai nostri giorni nel caso della revisione degli articoli scientifici, quando si propone una nuova teoria si chiedono prove forti e sicure per dire che la teoria rappresenta fedelmente il reale, e solo a questo punto considerare criticamente la conoscenza precedente, ma il cardinale non ha alcuna difficoltà a dire che la Bibbia deve essere re-interpretata. D’altronde il fatto che la Bibbia non poteva essere presa alla lettera in quanto filtrata dall’opera imperfetta dell’uomo era un concetto assodato da più di un millennio. Solo che queste prove inconfutabili, semplicemente, all’epoca di Galileo non esistevano e sarebbero state disponibili solo due secoli dopo, grazie al lavoro di Foucault.

Allora Bellarmino, come un qualsiasi revisore scientifico dei nostri giorni (ricordiamoci che il Collegio Romano, di cui Bellarmino era direttore spirituale raccoglieva i più fini ingegni scientifici dell’epoca), invitava Galileo a dire che le sue erano solo ‘ipotesi modellistiche’ senza un necessario legame con la realtà. Bellarmino aveva chiaramente torto, ma a quel tempo la sua posizione era assolutamente ragionevole e, diremmo noi, scientificamente (in termini metodologici) corretta. Galileo fu costretto a ritrattare, ma nessuno alzò un dito sopra di lui, che, rispettato ed omaggiato fino alla fine della sua vita da visite di alti prelati e discepoli fedeli, si ritirò in una bellissima villa ad Arcetri nelle colline sopra Firenze.

rnPeccato che, quando interrogati sulla vicenda di Galileo, il 97% degli universitari europei ritenga che Galileo abbia subito torture e il 30% addirittura creda che sia stato bruciato vivo. Tanto hanno potuto quattrocento anni di disinformazione e di menzogna, ancora adesso ricordiamo con amarezza la vicenda dell’opposizione alla visita del papa alla Sapienza. L’amarezza proviene dallo spreco di intelligenze e passioni sviate dalle falsità, ma questa è storia comune ed ahimè frequente in molti campi, ma noi sappiamo che la verità prima o poi, per misteriose ed arcane vie, trova sempre la sua strada. Lo sappiamo come cristiani e lo sappiamo anche come scienziati e questo è il dono più grande che Galileo ci lascia in eredità.

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