Comunque, meritano un commento le dichiarazioni che la Presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, ha rilasciato a Radio 24, relative all’invito che il Card. Poletto aveva rivolto ai medici, onde sollecitarli a fare obiezione di coscienza contro le scelte eutanasiche, compiute oggi dalla famiglia Englaro, e domani da molti, eventuali, altri. Si badi: ciò che merita un commento non è la polemica che vede opporsi il Ministro Sacconi e le strutture sanitarie regionali, vicenda di una complessità giuridica davvero notevole, e che è oggetto di una decisione del Tar ancora di là da venire. Ciò che sarà oggetto di commento, qui, sono le dichiarazioni che la Bresso ha rilasciato sul tema dell’obiezione di coscienza, e che costituivano una risposta alle precedenti affermazioni del Card. Poletto.
Cosa ha detto la Bresso, allora? Ha dichiarato da un lato che «non viviamo in una repubblica di ayatollah, nella quale il diritto religioso fa premio sul diritto civile», e dall’altro ha aggiunto: «Non entro in merito alle dichiarazioni del cardinal Poletto che invita i medici cattolici all’obiezione di coscienza, perchè sono valutazioni religiose. Ma dico che l’obiezione di coscienza che nel nostro Paese è consentita solo per l’interruzione di gravidanza, evidentemente sarebbe rispettata anche in un caso del genere. Nessuno può essere obbligato a fare qualcosa se ritiene di non poterlo fare. Se fossi un medico e mi fosse chiesto di applicare il decreto – ha detto la Bresso – lo farei, ma con la morte nel cuore». In conclusione, ha rilevato, «penso che sia altrettanto disumano pretendere che per un tempo infinito una persona che non è più in stato di vita debba essere tenuta artificialmente in vita con lo strazio e della famiglia. La morale propria comunque non deve essere mai applicata agli altri».
I punti di interesse sollevati da tali dichiarazioni sono almeno tre, e si possono identificare in altrettante domande: 1) è corretto dire che la richiesta di non sospendere l’alimentazione e l’idratazione implica una prevalenza del diritto religioso su quello civile, tipica di un paese fondamentalista?; 2) è vero che le valutazioni del Card. Poletto sono valutazioni religiose, e dunque comprensibili esclusivamente in tale ambito?; 3) e’ vero che, quando si parla di obiezione, si fa riferimento ad una morale individuale, che in quanto tale non può avere valenza generale?
La prima e la seconda questione, pur fondamentali, possono avere una risposta rapida, dato che sono da tempo oggetto di dibattito scientifico e mediatico. In merito alla prima, allora, si può dire che la posizione di chi ritiene che non si debba interrompere l’alimentazione e l’idratazione non è mai – salvo casi rari, fra i quali non vi sono le dichiarazioni di Poletto – motivata con argomenti strttamente religiosi; in realtà, si ritiene che tali trattamenti di mero sostegno vitale non vadano assimilati a vere e proprie terapie mediche, e che dunque in proposito non si possa parlare di accanimento, né che sia nella disponibilità del tutore determinarne la sospensione. Ovviamente gli argomenti sono più complessi e articolati di così, ma bastano questi cenni per capire che non si tratta di posizioni motivate religiosamente, e che gli Ayatollah nominati dalla Bresso c’entrano come i cavoli a merenda. Sulla seconda questione, allo stesso modo, posso essere sintetico; il Card. Poletto, ovviamente, è un uomo di Chiesa, e nelle sue parole c’è inevitabilmente un intento pastorale. Tuttavia, ciò che dice non è destinato solo ai credenti, ma a tutti coloro che vogliono ascoltare; è per questo che non fa riferimento ai comandamenti, al diritto mosaico, alla tradizione dei Padri della Chiesa, o quant’altro: egli porta nel dibattito una posizione fondata su una precisa concezione dell’uomo e del bene umano, posizione che certamente può non essere condivisa, ma che ha lo stesso identico diritto di ogni altra, compresa quella cui fa riferimento la Bresso, di essere ascoltata e presa in considerazione nel dibattito pubblico. Non ci sono filosofie o antropologie di serie A e di serie B, e tutte (compresa quella cui, da secoli, fa riferimento la Chiesa) devono poter entrare ed essere discusse nell’arena pubblica, tutte hanno lo stesso diritto di essere esposte e valutate; se poi, aggiungo io, una di queste vanta due millenni di storia, relegarla a posizione trascurabile è quanto meno curioso.
Merita maggiore attenzione la terza questione sollevata dalle dichiarazioni del Presidente della Regione Piemonte, ed è la questione dell’obiezione di coscienza e della morale individuale.
Ora, su una cosa non si può non essere d’accordo con Mercedes Bresso: la morale individuale non può mai divenire regola generale, e meno che mai principio giuridico. Il punto è che una cosa del genere non l’ha mai pensata nessuno, e meno che mai la Chiesa; quando il Card. Poletto richiama i medici al dovere di fare obiezione di coscienza, ove la legge contrasti con il principio della difesa della vita umana o con la dignità personale, non sta mettendo in causa una morale individuale, ma sta declinando ciò che egli ritiene essere, in generale e oggettivamente, il bene umano. L’obiezione di coscienza, infatti, è esattamente questo: il rifiuto che il singolo cittadino oppone al proprio sovrano (e al legislatore) di obbedire ad una legge che egli ritiene contrastare in modo insanabile con la verità delle cose, con il bene dell’uomo. Se si fa obiezione, in altre parole, è perché si accusa il legislatore di aver imposto comportamenti che contrastano con la verità oggettiva, non con le proprie opinioni. Ben misera cosa sarebbe altrimenti l’obiezione di coscienza, se si trattasse semplicemente di un contrasto fra ciò che il legislatore impone e le opinioni personali; quasi che si potesse far obiezione per ogni cosa, da un divieto di sosta irragionevole alle tasse, dal limite di velocità sulle strade alle mille norme che disciplinano la nostra vita.
Per tornare al caso di specie, i medici – così chiede il Card. Poletto – dovrebbero rifiutarsi di attuare un comportamento, anche se imposto per legge o per via giudiziaria, ove esso si traduca nella soppressione di una vita umana innocente; e dovrebbero fare obiezione, si badi, anche se tale facoltà non fosse prevista dai regolamenti delle strutture sanitarie, anche ove li esponesse a sanzioni. E questa, è bene sottolinearlo, è la migliore conferma del fatto che non di opinioni individuali si tratta, ma di valori (ritenuti e vissuti come) universali; per un valore universale si è disposti – se ci si crede davvero – al sacrificio, per un’opinione certamente no.
Il fatto è che oggi, in questi valori universali, ci si crede poco, o ci si crede solo quando fa comodo; tanto per capirci, la Bresso ritiene (visto che lei stessa, magari, non ci crede) che la vita umana in fase terminale non vada preservata, e che coloro che ritengono il contrario non esprimano altro che opinioni personali, come tali giuridicamente irrilevanti. Ma chi lo dice che qui sono in gioco solo opinioni personali? Come si fa a ritenere che la dignità della vita umana prenatale o terminale non sia un valore oggettivo, tale da dover essere tutelato sempre, indipendentemente dalle mutevoli maggioranze politiche? Solo perché non tutti sono d’accordo? Ma anche la parità fra l’uomo e la donna non è un dato su cui tutti siano, nel mondo, d’accordo, eppure ciò non ci impedisce – per fortuna – di considerarlo un valore universale e oggettivo, indipendente dalla volontà di questa o quella parte politica.
E allora, così come dovrei fare obiezione di coscienza a leggi che imponessero ingiuste discriminazioni fra uomini e donne, facendomi carico delle eventuali sanzioni cui potrei incorrere, in nome della difesa di un principio antropologico fondamentale (e non delle mie opinioni!), allo stesso modo devo far obiezione quando il legislatore mi impone di sopprimere quella che io, in coscienza, ritengo essere una vita umana pienamente degna, ancorché sofferente. Non si tratta di opinioni, né in un caso né nell’altro, ma di ciò che noi riteniamo essere il bene umano, e che nessun legislatore o tribunale può mai negare.
Le parole della Presidente Bresso, insomma, e il riferimento al fondamentalismo degli Ayatollah o alla morale individuale, mostrano una totale incomprensione di cosa sia l’obiezione di coscienza, oltre che dell’invito rivolto dal Card. Poletto. Confondere il richiamo all’obiezione con la volontà di far prevalere la morale individuale sul diritto significa, per l’appunto, non aver capito molto.