Il film è appunto ‘Miracolo a Milano’ e risale al 1951 per la regia di Vittorio de Sica e la sceneggiatura di Cesare Zavattini. In una scena memorabile del film un simpatico imbonitore di periferia mascherato da mago, riceve uno ad uno i suoi umili clienti dicendo a tutti la stessa frase ‘Che fronte alta, che sguardo fiero, chissà chi era suo padre..’, i clienti escono soddisfatti dal consulto e lasciano volentieri una monetina.
A ben guardare, anche se chiaramente mendace (l’imbonitore non ha alcuna facoltà medianica), la profezia coglie nel segno sottolineando una semplice ma importantissime verità: il nostro enorme ed unico valore come figli di Dio, ed infatti i clienti ne ricevono un gran beneficio.
Ben diversa la situazione nel 2010 dove ‘quattrocento milanesi’ avrebbero avuto l’intera sequenza del loro DNA mappata e anche grazie a questo sforzo si sarebbero derivate importantissime informazioni con cui prevedere durata della vita (l’autore ciancia di inesistenti geni della vecchiaia e della giovinezza che si potrebbero spegnere ed accendere a comando), malattie future, bellezza ed intelligenza sin dal concepimento, cito ‘Gli architetti di ciò che è, e di ciò che sarà, sono i geni e ciò che loro «ordinano» alle cellule. E dalle cellule ai tessuti. Agli organi. All’intero organismo.’ Questa è una enorme sciocchezza come i nostri lettori ormai dovrebbero sapere ma il persistere di espressioni come ‘era nel suo DNA’ ci fanno ahimè comprendere come questo pregiudizio abbia preso piede. L’autore fa finta (?) di non sapere che il passaggio di scala dalla cellula all’intero organismo sia assolutamente misterioso e che anzi l’enfasi sui geni abbia impedito finora alla ricerca di occuparsene seriamente (con conseguente crollo del numero di nuovi farmaci immessi sul mercato negli ultimi trenta anni).
Per settecento euro ognuno di noi potrà farsi fare la sequenza del suo DNA ed avere il futuro predetto e non solo, potrà anche avere la possibilità di cambiarlo questo futuro scegliendo la dieta appropriata.
Truffa allo stato puro, ma tutt’altro che nobile come invece era quella descritta da De Sica e Zavattini che per molto meno davano sicuramente molto di più.