Si tratta di un potere-dovere legittimo, che rientra tra le prerogative delle istituzioni regionali. Ora nel caso della pillola RU486 alcune Regioni ne avevano in precedenza previsto la somministrazione in day hospital, con evidenti conseguenze rischiose in quanto l’espulsione dell’embrione-feto sarebbe spesso avvenuta fuori dalla struttura sanitaria e perciò in totale solitudine della donna, riducendo così tale tecnica ad un vero e proprio metodo ‘fai da te’. Le rinnovate autorità regionali che intendono perciò esercitare una prerogativa propria finalizzata ad applicare il principio di precauzione indicato dalla legge 194 sono, dunque, senz’altro legittimate a ritenere la procedura della somministrazione della Ru486 in day hospital non conforme alla legge, potendo così escludere che un farmaco pur ritenuto sicuro dall’Agenzia italiana del farmaco (AFI), sia nelle sue modalità di somministrazione effettivamente rispettoso dell’integrità fisica della donna e realmente meno rischioso per l’interruzione della gravidanza”.
Le Regioni e la RU486
“Non è corretto sul piano legislativo contestare la legittimità del comportamento di quei presidenti di Regione che ritengono non praticabile la tecnica dell’aborto chimico attraverso la somministrazione della pillola RU486. Ricordo infatti che in base all’art. 15 della legge 194 le Regioni promuovono l’aggiornamento ‘sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza’.
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