Pascal, come ogni scienziato autenticamente creativo, avendo esplorato i confini della mente razionale e calcolante, si rendeva conto che era lo stesso esercizio onesto della razionalità che portava l’anima ad individuarne i limiti ed a richiedere quel ‘supplemento’ di ragione che unico permette di rompere con il già dato, già noto, già esaurito. Ed è ad un esercizio simile a cui ci richiama la mia amica Claudia Bettiol con il suo bel libro ‘Cuore ed Ambiente’ scaricabile gratuitamente in rete all’indirizzo: http://cuoreeambiente.org/.
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Claudia è un ingegnere e, come lei stessa mi fece notare qualche tempo fa, gli ingegneri che prendono veramente sul serio il loro lavoro acquisiscono una sorta di ‘etica dell’umiltà e del rispetto’ nei riguardi del mondo: se una struttura deve sostenere un peso di 100 tonnellate, la si progetta in maniera che ne possa sostenere 1000 (‘perché non si sa mai..’), per lo stesso motivo gli aerei hanno due motori ma alla bisogna si reggono in aria anche con uno, allo stesso modo il nuovo software viene messo alla prova da condizioni d’uso assolutamente oltre ogni normale aspettativa …. Tutti noi abbiamo di fronte i disastri causati dal disattendimento di questi sani principi di umile precauzione quando ragioni di tipo economico prendono il sopravvento sull’umiltà del vero costruttore.
Il senso del limite quindi, che deriva dall’onesto riconoscimento della incompletezza della nostra scienza, della nostra capacità costruttiva, nei confronti del mondo là fuori. Insomma siamo lontani mille miglia da certa arroganza scientifica che considera più reale un’equazione che il fenomeno naturale che l’ha ispirata; il bello degli ingegneri però è che non solo si rendono conto che la realtà è diversa dalla matematica ma anche che la matematica non è da buttar via e a buon bisogno può dare una gran mano. Forse è per questo, chi lo sa, che di solito mi trovo meglio a collaborare con gli ingegneri che con biologi (che in genere la matematica non la conoscono) e fisici (che spesso alla matematica sacrificano il buon senso).
Ma insomma la cosa importante del libro, a mio parere, è che Claudia prende molto sul serio la crisi ambientale dei nostri tempi ma non ‘troppo sul serio’ (e qui di nuovo mi rammento di Pascal che ironizzava su Cartesio che prendeva ‘troppo sul serio’ la scienza), non ne fa insomma la scusa per apocalittiche geremiadi sul destino inevitabile di un mondo svenduto alla tecnoscienza ed alla mancanza d’amore ma, evidenziando in maniera netta le pecche di un razionalismo d’accatto di matrice illuminista che è stato in una certa misura responsabile dei disastri culturali ed ambientali odierni, individua una possibile strada esperibile per uscirne. E questa strada coniuga appunto cuore e razionalità, cuore inteso come ‘ragione ulteriore’ e non come irrazionalità e la ‘ragione ulteriore’ è quella di scommettere sull’economicità nel lungo periodo di investimenti che premiano il basso impatto ambientale piuttosto che il guadagno a breve.
Con semplici ragionamenti e con un (modesto ma illuminante) ricorso a dati e tabelle, Claudia ci indica come trasformare la ‘funzione obiettivo’ di una impresa (o di qualsiasi progetto tecnologico) nel risparmio energetico piuttosto che nel raggiungimento di un profitto finanziario a breve sia non solo una buona cosa per il nostro pianeta ma anche per le nostre tasche. Ma Claudia sa benissimo che queste dimostrazioni non sono sufficienti a far cambiare direzione, sa che è necessario un ‘di più’ dato dalla volontà, dalla spinta al futuro, dalla speranza che ci fa scommettere su qualcosa di cui non possiamo essere completamente certi (un altro tema Pascaliano quello della scommessa in condizioni di incertezza come punta estrema della ragione ed insieme inizio dell’abbandono fiducioso), e questa è la parte del cuore.
Su molti punti del libro mi sono trovato in dissenso con Claudia, primo fra tutti un certo misconoscimento della nostra tradizione occidentale più genuina: Claudia guarda ad oriente come alla sorgente di un pensiero amico dell’ambiente non capendo che quello che le (e mi) piace del pensiero orientale è anche roba di casa nostra. Penso essenzialmente alla grande tradizione monastica occidentale che ha sviluppato (e fatto percolare nella società) un prezioso connubio tra innovazione tecnologica e rispetto per l’ambiente.
Non condivido poi l’entusiasmo di Claudia sul valore ‘pedagogico’ delle lotte degli anni sessanta sui futuri leader usciti da quell’esperienza …. ma sono punti minori ed inessenziali, il punto importante è che Claudia ci offre una via preziosa di armonia tra sviluppo e rispetto ambientale e ha l’acutezza di accorgersi come non sia solo un problema di ‘aggiustamenti minori’ ma di una presa di coscienza che promette di rifondare il mondo su basi più giuste e umane.