Ancora poche settimane fa, una bimba di un mese di Mirabello Monferrato era stata sottratta ai genitori di 58 e 70 anni a causa dei ripetuti casi di abbandono. Già, perché in fondo la possibilità di poter seguire i propri figli dall’infanzia alla scolarizzazione, fino all’altrettanto delicatissimo avvio alla maturità lavorativa è direttamente pro¬porzionale alle energie delle qua¬li questi genitori possono di¬sporre. E diventa una le¬sione dei diritti del bambino, dell’adolescente, quello di ritrovarsi in modo preordinato e voluto con dei genitori che han¬no già un’età biologica inidonea al loro ruolo all’in¬terno della famiglia. Motivo per cui tutti gli ordinamenti, non so¬lo quello italiano, prevedono che per e¬sempio nell’adozione non si pos¬sa andare oltre un certo limite di età dei genitori adottanti. Dunque non c’è solo il rischio dei figli, comunque alto, di diventare prematuramente orfani, ma anche la lesione irreversibile della qualità della vita di un bambino che viene allevato da persone anziane.
Ora la legge i¬taliana in tema di feconda¬zione assistita vieta la pratica del¬l’ovodonazione, e cioè la compartecipazione alla nascita di un figlio da parte di soggetti esterni alla coppia. Inoltre la legge 40 ha come presupposto la sterilità o l’infertilità della coppia da documentarsi con atto medico. Si tratta di persone che dovreb¬bero essere biologicamente in grado di procreare figli, ma che sono infertili o sterili a causa di patologie. Non certamente è u¬na patologia il fatto che dopo u¬na certa età non si possano ave¬re figli. E’ una scelta che riconosce il diritto inalienabile del nascituro ad avere u¬na famiglia biologicamente ar¬monica, proprio perché la fun¬zione dei genitori cambia a se¬conda dell’età.
Ma casi come quello descritto, enfaticamente rilanciati dai mezzi di comunicazione nostrani, hanno evidentemente un intento più insidioso. Sarebbe ingenuo non intravedere una strategia volta a scardinare la legge 40 da ascriversi nello scenario più ampio di una battaglia ideologica finalizzata ad ampliare alcuni diritti soggettivi, che vedono nel¬la realizzazione dell’individuo, di tutte le sue aspettative, dei suoi desideri, della sua volontà, la stella polare degli ordinamenti ritenuti più evoluti. Il concetto di diritto alla vita privata, tipicamente ispirato ad una concezione della privacy non solo come valore da difendere ma anche come pretesa giuridica di realizzazione individuale praticamente senza limiti, è la chiave interpretativa importata da ordinamenti, come quelli di common law, che vedono nell’individuo e nella sua volontà un punto di riferimento apparentemente senza limiti. Al contrario dell’ordinamento italiano e di molti sistemi continentali, dove la pietra angolare è la tutela della persona umana intesa come bene giuridico in sé. Questo significa che prima della legge, prima dello Stato, vengono i diritti inviolabili, intangibili, dell’essere umano. Per alcuni soggetti questi diritti sono però più vulnerabili, poiché riferiti ad esseri umani sostanzialmente quasi invisibili come gli embrioni, o addirittura assenti perché la loro vita è in fase di pianificazione, come accade nella scelta preordinata di mettere al mondo figli in età anziana. Ma tutto questo significa negoziare i diritti inviolabili di chi non ha la forza di farli valere, costringendoli dentro istinti e desideri al fondo egoistici.
In Italia, per ora, come detto, il principio è esattamente il contrario: è il figlio che deve avere tutti i diritti primari, e che quindi deve inserirsi dove possibile in contesti armonici, basti pensare al caso dell’adozione. E la vita nascente non può certo diventare strumento per assecondare un bisogno o un desiderio, poichè in questo caso si ribalterebbe il nostro ordinamento costituzionale, che non prevede che le vite umane siano strumentali ai bisogni di altri soggetti.
In questo scenario si iscrive anche la prossima decisione della Corte Costi¬tuzionale italiana chiamata a pronunciarsi sulla possibilità di introdurre la fecondazione etero¬loga, il cui divieto è nor¬ma di civiltà giuridica, nel ri¬spetto pieno della dignità e dei diritti del nascituro, che non può che avere due figure genitoriali. Anche qui lo Stato e le sue leggi non potrebbero finire coll’attribuirsi il po¬tere di stabilire che alcuni bam¬bini “debbano” avere tre figure genitoriali, pena il ribaltamento della centralità dei diritti del bambino ad una famiglia armonica e certa. E del tutto fuorviante è il parallelo che qualcuno fa coll’adozione, dove invece ci troviamo di fron¬te all’abbandono di un minore, che necessita urgentemente di essere inserito in un contesto familiare diverso da quello che lo ha generato.
Le mamme nonne e il diritto all’egoismo
L’ultima storia ce l’ha raccontata il Corriere di qualche giorno fa. Lui, 65 anni; lei, 58. Dopo 27 anni di convivenza hanno pensato di procedere ad un impianto embrionario, così da dare alla luce due gemellini in un ospedale milanese. L’intervento fecondativo per ovodonazione era avvenuto all’estero, in un paese dell’Est europeo.
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