Il film perfetto esiste. Si tratta di 12 (dodici) di Nikita Michalkov, un remake del famoso ‘La parola ai giurati’ di Sidney Lumet , girato dal grande regista russo nel 2007. La storia è semplice: dodici giurati ribaltano un verdetto di colpevolezza che appare all’inizio scontato grazie agli iniziali dubbi sollevati da uno di loro che innescano una progressiva presa di coscienza di tutti gli altri che li porta a riconsiderare non solo la posizione dell’imputato ma il senso profondo delle loro vite e della storia recente della Russia.

Quello che rende unico il film è qualcosa di profondamente connaturato alla grande arte russa: la capacità di andare al fondo dell’anima di ogni singolo protagonista senza per questo perdere lo sguardo d’insieme sui fenomeni collettivi, di riuscire cioè a saldare la dimensione sociale con il vissuto individuale (si pensi a Guerra e Pace di Tolstoj o ad Andrei Rublov di Tarkovskji). I dodici giurati si trovano chiusi in una palestra per un verdetto che all’inizio sembra già scritto: prove apparentemente schiaccianti inchiodano l’imputato, sembra essere poco più di una formalità; i protagonisti sono svagati , si pavoneggiano, fanno scherzi volgari, sono sciatti e distratti, la reazione che evoca questo nostro mondo predefinito e vecchio.

Ma uno di loro, un fisico, li richiama alla necessità di cercare di approfondire i fatti e le risultanze, con una frase memorabile dice ‘..tutto sommato anche quando compriamo un anguria al mercato, a casa la incidiamo per vedere se è veramente buona quanto sembra … ed un uomo è molto di più di un’anguria’.

Il vero ruolo della scienza è quello di spingere l’uomo a non accontentarsi delle apparenze, nella consapevolezza che la realtà è una conquista dura e difficile e che ideologie e dogmatismi oscurano. Questo è il primissimo movimento, ma per andare oltre, il fisico ha bisogno d’altro, e cioè della condivisione della sua personale esperienza di ex alcolizzato salvato dalla Grazia incarnata nell’unica persona che ha dimostrato per lui vera pietà ed interesse svelandogli la verità del suo essere, andando contro il giudizio del mondo. Come una reazione a catena si risveglia allora la verità racchiusa in ognuno dei giurati che così facendo si riappropriano del loro essere più vero e delle loro specifiche tradizioni: il primo è un vecchio ebreo che rivendica la riflessione come tratto tipico dell’anima ebraica. Segue un contadino che si riferisce alla sostanziale incapacità della legge di cogliere l’essenza del bene e del male attraverso un aneddoto di disarmante e abissale semplicità; poi il comunista nostalgico, l’attore di varietà, il chirurgo… Tutti con la loro storia personale che si confronta con la storia dell’imputato e con la realtà della Russia post-sovietica: un misto di corruzione, violenza insensata e aperture magnifiche, bene e male assoluti, fede profonda e fatalismo. Verso la metà del film il fisico propone un esperimento che coinvolge tutti i giurati che, superando inevitabili screzi fra loro, si trovano uniti dal lavoro pratico per la ricerca della verità, una verità che salva (difficile immaginare un compito più degno). Un uccellino intanto svolazza per la palestra.

L’ultima parola spetta all’arte. Il presidente dei giurati è stato zitto tutto il tempo prendendo dei misteriosi appunti, ma quando parla si squarcia un velo. Lui lo aveva intuito dall’inizio che l’imputato non poteva essere colpevole, troppe incongruenze nella ricostruzione, ma c’era bisogno che quello che l’arte (il presidente è un artista) scopre per via ineffabile e non replicabile, la scienza spieghi pazientemente perché diventi di dominio pubblico. Ma oltre ad essere un artista, il presidente è anche un ex ufficiale e pone di fronte ai giurati la dura realtà della scelta per la verità: l’imputato, una volta liberato, sarà alla mercé dei veri assassini che lo uccideranno. La scelta per la verità impone che i giurati si facciano carico del destino dell’imputato proteggendolo. Alla fine solo il presidente si farà carico di questo compito assumendosi il ruolo di padre adottivo.

Ma il film non è finito e le ultime scene svelano il messaggio teologico raffinatissimo dell’autore: nella palestra vuota, il fisico che aveva iniziato la presa di coscienza collettiva, si rimette nel portafoglio dopo averla baciata, una piccola icona della Madre di Dio. Poi apre le finestre della palestra e si rivolge all’uccellino / Spirito Santo considerando la sua attitudine a ‘volare dove vuole..’.

Maria è il tramite privilegiato tra noi umani e il trascendente e quindi la sede della vera scienza (sedes sapientiae appunto) e della vera arte, il gesto finale dello scienziato non ci stupisce quindi ma racchiude in una immagine fortissima il senso completo dell’ordine del mondo.

Solo dalla Santa Madre Russia poteva venire una tale fusione tra spirito e sensi, un discorso così alto sul mondo incarnato nelle storie più minute, una speranza così luminosa.

rn

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!
Altri articoli in

Scienza e biopolitica
Alberto Gambino

Non si può risarcire il diritto a non nascere

Alberto Gambino

Legge 40 e creatività europea

Alessandro Giuliani

Il Rigore della Scienza. Viaggio nei deserti dell’Ovest

Redazione

Divieto di fecondazione eterologa: la Corte deciderà il 22 maggio

Alberto Gambino

Caso S.Filippo Neri e la crioconservazione degli embrioni “abbandonati”

Redazione

Aspettare o incamminarsi? La difficile convivenza tra paradigmi scientifici

Redazione

L’Economia (complessa) contro la scienza triste. Appunti per il bene comune

Carlo Modonesi

Il fantasma scientifico delle razze ai tempi della crisi

Ignazio Licata

Particella di Dio o Bosone di Goldstone?

Redazione

Il sonno (o il sogno?) della ragione produce mostri

Redazione

Il no alla brevettabilità di medicinali da staminali embrionali. Parla l’esperto Andrea Stazi

Redazione

Scienza. La scoperta sui neutrini

Redazione

L’età per procreare e i diritti del bambino

Alberto Gambino

Le mamme nonne e il diritto all’egoismo

Fabio Macioce

Stato etico, o pazienti irragionevoli? L’età per procreare

Alessandro Giuliani

Mal d’amore. Pillole magiche e medicina debole

Redazione

Biotestamento: il rischio di abbandono dei malati

Redazione

Brevettabilità dei geni umani

Alessandro Giuliani

Caligola e le biotecnologie

Andrea Stazi

Sequenza del Dna, la ricerca si scontra sul brevetto*

Alberto Gambino

Biotestamento. Obiezioni alle tesi di Rodotà, Zagrebelski e Saviano

Alberto Gambino

Scelta di fine vita. L’amministratore di sostegno non è un fiduciario

Alessandro Giuliani

Il “lato B” del progresso. La lezione di Enrico Fermi

Alessandro Giuliani

Finanziamento alla ricerca. Sfatiamo alcuni miti

FACEBOOK

© 2008 - 2024 | Bene Comune - Logo | Powered by MEDIAERA

Log in with your credentials

Forgot your details?