Un ceto politico responsabile non si occuperebbe di altro. Noi invece discutiamo del “trionfo” di Di Pietro e dello 0,5 in più dell’UDC. Questioni di capitale importanza, come è evidente. La cosa non è diversa nella Spagna di Zapatero o nell’Inghilterra di Gordon Brown.rn
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Uno studio abbastanza recente del Pew Reserch Center ci dice che alla domanda se la religione abbia rilevanza nella propria vita risponde sì soltanto il 33% degli Inglesi, il 27% degli Italiani, e addirittura l’11% dei Francesi.
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La crisi dell’idea di Europa si radica nella crisi della sua fede cristiana? Io penso di sì, e penso perciò anche che il progetto europeo troverà la forza di un nuovo slancio politico solo quando la cultura ebraico-cristiana occidentale avrà trovato nuove forme e nuovi linguaggi in cui esprimersi e manifestarsi.
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Non si tratta di imporre simboli o di alzare altre bandiere crociate, ma di comprendere le cause di una crisi spirituale e culturale che ha origini lontane, che coinvolge tutti i secoli del conflitto tra Chiesa cattolica e modernità, e che ci apre proprio adesso a immensi processi di revisione e di conversione, a inedite sintesi creative.
Per cui non è certo l’attuale Partito Popolare con la sua assoluta maggioranza di 265 seggi al parlamento europeo, tanto vasta quanto indeterminata e in fondo imbarazzante nei suoi valori comuni così simili a quelli trionfanti in questo mondo, il possibile protagonista di un rilancio teologico-politico dell’Europa. Prima dobbiamo ritrovare l’essenza messianica del nostro cristianesimo annacquato. Prima dobbiamo cioè comprendere in modo inedito che cosa intendiamo, sul piano storico e politico, quando annunciamo l’avvento di un mondo nuovo, di una nuova umanità, di un ordine divino che viene a confutare e a distruggere gli ordinamenti omicidi di questo mondo.
Oggi anche un laico radicale come Habermas, che vorrebbe riportare tutto il sistema giuridico liberaldemocratico ad una razionalità procedurale e dialogica, ammette che l’intero pensiero politico moderno deriva dall’etica ebraica della giustizia e da quella cristiana dell’amore, e che “a tutt’oggi non disponiamo di opzioni alternative. Anche di fronte alle sfide attuali della costellazione postnazionale continuiamo ad alimentarci a questa sorgente. Tutto il resto sono chiacchiere postmoderne”.
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Ivan Illich, uno dei pochi pensatori originali degli ultimi decenni, poco prima di morire diceva: “Io non credo che questo sia un mondo postcristiano. Sarebbe consolatorio. Credo che sia un mondo – è così difficile da pronunciare – apocalittico”.
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