E’ noto a tutti che dalla fine della DC i cattolici si siano divisi fra le varie formazioni della destra e della sinistra, sia direttamente confluendo in partiti più grandi, sia alleandosi con loro. Ed è anche noto che da nessuna parte i cattolici si siano sentiti pienamente “a casa loro”. La presenza dei cattolici nella politica italiana, insomma, è sempre stata segnata da polemiche, scontri, mal di pancia, insofferenze, perché né la destra né la sinistra sono riuscite a rappresentare pienamente le istanze del popolo cattolico.
Tuttavia, il problema non è della sinistra, che sulla difesa della vita e della famiglia mostra di guardare in una direzione del tutto differente da quella dei cattolici, con i quali pure si allea e si ritrova sul terreno delle politiche sociali; e non è neppure della destra, che se mostra di preoccuparsi della difesa della famiglia e della vita, attua una politica sociale e economica ben diversa da quella che i cattolici vorrebbero. Il problema, come dicevo, è culturale.
Non si tratta infatti di fare una graduatoria, e stabilire che la difesa della vita dell’embrione valga di più dell’accoglienza dell’immigrato e del sostegno ai poveri e agli emarginati. Ciascuno di noi infatti può certo dedicarsi all’una o all’altra cosa, a seconda delle proprie competenze e preferenze, e per questo, di volta in volta, sostenere questa o quella legge, della destra o della sinistra, che vada nella direzione auspicata. Ciò che non si può fare, però, è ritenere che basti fare o l’una o l’altra cosa.
Quando la destra rivendica di essere la casa naturale dei cattolici, sbandierando le leggi a tutela della vita o l’opposizione ai Pacs, e quando la sinistra blandisce i cattolici con programmi ispirati al solidarismo e all’attenzione verso i deboli, dimenticano un principio fondamentale: la dignità della persona è una e una sola, o la si protegge sempre, o non la si protegge mai del tutto. Non ci si può accontentare della difesa della vita nascente, se ci si dimentica dell’orfano e della vedova, degli ultimi del mondo, e non si può neppure fare il contrario. Per un cattolico, difendere la vita significa difenderla sempre, in ogni stadio del suo sviluppo e in ogni condizione di vita. Altrimenti, ci si condanna ad una coscienza infelice, ad un’ipocrisia che pretende di potersi accontentare della parte, perdendo di vista il tutto.
Ecco allora perché il problema dei cattolici in politica non è, propriamente, un problema politico. Non si tratta di capire quale parte conduca le battaglie alle quali teniamo di più, e spostarci verso di essa, perché in effetti dobbiamo tenere a tutte queste battaglie; anzi, non possiamo che condurle tutte, perché in tutte è in gioco la dignità della persona, l’accoglienza dell’altro e dei suoi bisogni. Sia che questo Altro non abbia voce, come l’embrione, sia che ne abbia pochissima, come il malato, sia che ne abbia poca, come lo straniero, sia che ne abbia molta, come il lavoratore italiano.
E’ un problema culturale, allora, perché né la destra né la sinistra mostrano di avere a cuore, con l’intensità che cerchiamo, la pienezza della dignità umana, in tutte le sue dimensioni. La sinistra, perché da molto tempo ha abbracciato una cultura libertaria che assolutezza i desideri individuali per trasformarli in diritti, ritenendo che nella moltiplicazione di tali diritti l’uomo possa conquistare se stesso, rendendo il bene e il male non più oggetto di discussione e confronto, ma mere opzioni personali, insindacabili e incontestabili. E la destra, perché (soprattutto nell’era del berlusconismo) ha esaltato e fomentato un’immagine distorta dell’uomo, in cui il successo è misura del valore personale, l’utilità sociale un fardello inutile che ostacola la libera realizzazione individuale, e l’accoglienza del povero e dell’emarginato un problema di benevolenza soggettiva, anziché qualcosa di cui tutta la comunità si debba far carico come impegno politico primario.
Come si vede, la radice del problema è tutta culturale: perché finché la sinistra e la destra abbracciano una cultura iper-individualista, che fa della realizzazione soggettiva (sia pur su piani diversi) l’orizzonte ultimo dell’impegno politico, i cattolici non potranno sentirsi mai pienamente a casa, né da una parte né dall’altra. Ed è per questo che molto prima di decidere a quale schieramento apparentarsi, o se non proporre addirittura una forza politica ulteriore, i cattolici devono dedicarsi ad una sfida culturale immensa, ma improrogabile: rimettere al centro della politica la persona, tutta la persona, e la sua dignità, ribadendo la verità antica che solo nella relazione con l’altro tale dignità può essere protetta e sviluppata.
I cattolici in politica: un problema culturale, non politico
rndi Fabio Macioce
rnLe parole del Card. Bagnasco, a Todi, sul rapporto fra questioni e impegno sociale, da un lato, e valori non negoziabili, dall’altro, impongono di reimpostare il problema della presenza dei cattolici in politica. In particolare, è necessario capire che il problema dell’irrilevanza politica dei cattolici non è solo, né principalmente, un problema politico; è, molto prima, un problema culturale.
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