Il 3 ottobre il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge delega sul federalismo fiscale, fortemente voluto dalla Lega, che assicura autonomia di entrata e di spesa a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, rispettando, al contempo, i principi di solidarietà e coesione sociale previsti dalla Costituzione.

In altre parole, sembra si stia realmente portando a compimento la piena applicazione della riforma del titolo V varata nell’ormai lontano 18 ottobre 2001. Il cammino è stato lungo e travagliato ed è giunto dopo un’estenuante trattativa con le autonomie locali, Anci in testa, che hanno cercato di strappare garanzie su determinate risorse: in particolar modo sullo stanziamento di 585 milioni di euro per il 2007 e 700 milioni di euro per il 2008 come integrazione dell’Ici rurale; 260 milioni di euro come integrazione del rimborso sul mancato gettito dell’Ici sulla prima casa e, infine, 434 milioni di euro alle Regioni come parte del finanziamento per i ticket sanitari.

Il varo del ddl rappresenta un primo importante passo di una strada in salita, visto l’imminente confronto in Parlamento e l’approvazione di uno o più decreti legge di attuazione entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge. Infatti, se da un lato sono stati sanciti i principi e i criteri per l’attuazione del federalismo fiscale, dall’altro lato occorrerà risolvere le questioni più spinose legate alle risorse ed alla definizione delle funzioni fondamentali degli enti locali, attesa con l’approvazione (ancora in fase embrionale) del cosiddetto Codice delle autonomie.

I punti centrali della riforma prevedono autonomia e responsabilizzazione finanziaria di tutti i livelli di governo; attribuzione di risorse autonome a Regioni ed enti locali secondo i principi di territorialità, sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza; superamento del principio della spesa storica a favore dei costi standard, ovvero i costi sostenuti in media da una buona amministrazione secondo criteri di efficienza e adeguatezza; ricorso a meccanismi di perequazione per le Regioni con minore capacità fiscale per abitante; premialità dei comportamenti virtuosi ed efficienti nell’esercizio della potestà tributaria, nella gestione finanziaria ed economica, ma anche meccanismi sanzionatori (in taluni casi l’ineleggibilità degli amministratori) per gli enti che non rispettano gli equilibri economico finanziari o non assicurano i livelli essenziali delle prestazioni; definizione di una disciplina dei tributi locali in modo da consentire anche una più piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontale. Verrà altresì destinato ai Comuni parte del fondo perequativo, nonché tributi propri e parte dell’Irpef, a garanzia della definitiva scomparsa dell’Ici. Gli enti locali godranno di piena autonomia per fissare le tariffe per prestazioni o servizi e le Regioni dovranno istituire due fondi a favore di Comuni e Province per concorrere al finanziamento delle funzioni trasferite. Il finanziamento delle Città metropolitane avverrà anche con tributi specifici. Infine, vi è un particolare stanziamento di risorse per Roma Capitale attraverso quote aggiuntive di tributi erariali, pari a 500 milioni di euro all’anno fino al 2010 e dopo trent’anni la possibilità di dare uno statuto diverso alla città, sia dal punto di vista dei finanziamenti sia dei poteri.

Al fine di garantire una fase di transizione il più agevole possibile verso il nuovo sistema fondato sul criterio dei costi standard, il disegno di legge definisce regole e modalità per il superamento del criterio della spesa storica, in un periodo di tempo sostenibile per le spese riconducibili all’esercizio delle funzioni fondamentali; mentre per le altre spese, in un periodo di tempo pari a cinque anni. Infine, il meccanismo della legge sarà realizzato e verificato da unaCommissione paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale e da una Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

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