Da un lato, vi erano coloro che, in particolare Altiero Spinelli, propendevano per la realizzazione immediata della Federazione degli Stati europei e, quindi, per una compiuta integrazione politica da realizzarsi attraverso una Convenzione o Costituente. Dall’altro lato, si affacciò l’idea, sostenuta in particolare da Robert Schuman, della c.d. “integrazione funzionale”, ovverosia della promozione della cooperazione fra gli Stati europei in specifici settori, nella convinzione che tale processo avrebbe prodotto, come una sfera su un piano inclinato, l’unione federale.
Dopo la bocciatura popolare della Costituzione europea nel 2004, che ha bloccato tale processo, la grande crisi del 2008 sembra aver rimesso in movimento la sfera dell’integrazione. Si tratta di un movimento lentissimo, per piccoli passi, in ragione della dimensione della crisi finanziaria ed economica, che non consente risposte pre-confezionate. Dapprima, come si è evidenziato in un precedente intervento, si è proceduto al rafforzamento delle politiche economiche e dei meccanismi esistenti attraverso il Fiscal Compact e la creazione dell’European Financial Stability Facility (EFSF) (e, a regime, dell’European Stability Mechanism (ESM)). In una seconda fase, aperta dalla Dichiarazione del 29 giugno scorso, sembrano emerge i primi spiragli per una correzione delle carenze strutturali dell’Unione Economica e Monetaria (UEM).
Rinviando a quanto già scritto, tali carenze sono generate dall’assenza di un organismo politico (un Esecutivo) o tecnico (la Banca centrale europea) dotato di risorse e competenze per stabilizzare gli shock economici asimmetrici, ovvero che colpiscono solo alcuni Stati membri, come è avvenuto e sta tuttora avvenendo.
Ebbene, nella Dichiarazione del Vertice dell’Area Euro vi sono, in forma embrionale, proposte – non ancora decisioni – per colmare tali carenze. In particolare, si prevede la ricapitalizzazione diretta della banche nazionali in difficoltà (e specificamente, quelle spagnole) e, soprattutto, l’intervento diretto a stabilizzare il debito sovrano degli Stati membri in difficoltà.
Il Consiglio ha dunque ufficializzato la creazione di uno strumento diretto alla stabilizzazione del debito sovrano, attraverso l’impiego delle risorse dell’EFSF (e poi dell’ESM). Si tratta di risorse indubbiamente limitate, come è già stato messo in evidenza, ma ciò che conta, in questa fase, è l’accettazione dell’idea che l’Unione europea possa agire come un vero e proprio governo federale. In realtà, la decisione in merito all’intervento è attribuita alla Banca centrale europea, che dovrà accertare che gli Stati membri interessati “rispettino le raccomandazioni specifiche per paese e gli altri impegni, tra cui i rispettivi calendari, nell’ambito del semestre europeo, del patto di stabilità e crescita e delle procedure per gli squilibri eccessivi”. In questo senso, l’intervento appare condizionato dal rispetto delle regole dell’EUM – tipicamente in materia di disavanzo del settore pubblico e di piani per il rientro dai disavanzi eccessivi – nonché dall’imposizione di eventuali ulteriori condizioni specifiche. Ciò importa, naturalmente, una cessione di sovranità in materia di bilancio e di politica fiscale da parte dello Stato membro destinatario dell’intervento europeo, che sarà obbligato al rispetto delle regole europee.
In conclusione, sulla scia degli Europei di calcio molti si sono chiesti chi abbia vinto il Consiglio Europeo, in particolare se i Paesi del Nord – espressione del rigore di bilancio – o quelli del Sud dell’Europea – identificati quali anello debole della politica di bilancio europea. Dalle brevi riflessioni sviluppate in questa sede appare chiaro che la dichiarazione costituisce un ulteriore passo in avanti per l’Unione europea! Non rimane che attendere che alle dichiarazioni seguano i fatti.
A passi piccoli piccoli verso l’Unione fiscale (e politica)?
Leggendo i commenti alla Dichiarazione del Vertice della Zona Euro del 29 giugno scorso sui quotidiani specializzati, e cercando di trovarne un qualche motivo di speranza, mi sono ritornati alla mente i Padri nobili della Comunità Economica Europea. Usciti dalla devastazione etica e materiale della Seconda Guerra Mondiale, vi era un comune intento, quello della realizzazione di una cooperazione politica fra gli Stati europei, sebbene diverse fossero le visioni del percorso da adottare.
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