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L’ultimo spunto è la circolare del Ministro Brunetta di qualche giorno fa. Si davano chiarimenti rispetto all’interpretazione operativa di alcuni punti del decreto legge 112. Si precisavano le procedure per giustificare le assenze per malattie e altri aspetti del “giro di vite” verso i dipendenti pubblici assenteisti.

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Nulla di particolarmente nuovo rispetto a quanto già affermato nel decreto legge, però la circolare ha fatto notizia, tanto da essere ripresa sulla maggior parte degli organi di stampa.
Come mai questa attenzione mediatica per una circolare ministeriale? Probabilmente perché sembra dare un’altra spallata ad uno scandalo italiano, quello dei “fannulloni” che occupano posti pubblici e ricevono un vitalizio senza, in cambio, dare il minimo contributo in termini di impegno e serietà del lavoro.
Effettivamente, il Ministro Brunetta sta dando una risposta ad una richiesta che proviene da tutti gli italiani (spesso anche da coloro che dovrebbero sentirsi minacciati dalla sua azione): una richiesta perentoria di “fare giustizia”, di punire chi ha saccheggiato impunemente le “provviste della tribù” e che sta profondamente minacciando la competitività del nostro paese: in ultima analisi il benessere di ciascun cittadino.
Questo atteggiamento è sacrosanto, ma forse viene più dalla “pancia” che dalla “testa”.
Si dice che i fenomeni di “fannullagine” nascono e crescono nella pubblica amministrazione perché un ente pubblico non è gestito come un’impresa privata. Allora proviamo ad immedesimarci negli azionisti di un’impresa per capire come ci comporteremmo.
Per prima cosa ci preoccuperemmo dei risultati, ci preoccuperemmo di capire se la nostra impresa è in utile o in perdita. In secondo luogo, faremmo di tutto per creare le condizioni affinché non solo l’impresa sia in utile, ma l’utile cresca di anno in anno.
Riconosceremmo immediatamente che il successo della nostra impresa dipende moltissimo dalle persone che vi lavorano. Allora faremmo di tutto per avere persone valide, preparate e motivate, pronte ad infondere il massimo impegno per raggiungere risultati sempre migliori. Faremo di tutto per avere i migliori “cervelli”, per mantenerli all’interno dell’impresa evitando che qualche concorrente ce li porti via. Considereremmo la valorizzazione del personale prioritaria per vincere la concorrenza e su di essa concentreremmo una buona fetta dei nostri sforzi e delle nostre attenzioni.
Se poi ci fosse qualche dipendente che non rende come dovrebbe? Si tratterebbe caso per caso, lasciando la decisione al dirigente di riferimento e all’Ufficio “Personale”, senza perderci più tempo del necessario. Più problematico sarebbe il caso in cui all’interno dell’impresa si respirasse un clima di sfiducia e di demotivazione. Riconosceremmo in questo una situazione di vera e propria emergenza, a cui porre rimedio non sbraitando contro i dipendenti, ma cercando di capirne le cause e, di conseguenza, provando a costruire soluzioni efficaci.
C’è da chiedersi: nell’impresa “Pubblica Amministrazione”, di cui noi siamo azionisti in quanto cittadini, stiamo adottando lo stesso approccio “illuminato”?
L’impressione è che stiamo concentrando tutti i nostri sforzi sui fannulloni e ci stiamo dimenticando degli elementi più validi. Ce ne stiamo dimenticando al punto da non accorgerci nemmeno del fatto che stiamo demotivando proprio le forze migliori, anch’esse soggette alle stesse regole pensate per i fannulloni. Proprio a coloro che si fanno carico anche del lavoro non fatto dai fannulloni stiamo dicendo: sei anche tu come tutti gli altri, sei inaffidabile, non mi fido di te e delle tue presunte malattie.
Voi che avete sempre lavorato sodo, convinti ed orgogliosi del valore etico del vostro lavoro, come reagireste?
Voi che siete giovani laureati con ottimi voti e ottime possibilità di sviluppo, andreste a lavorare per una Pubblica Amministrazione?
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