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Leonardo Becchetti, Andrea Ciampani
rnLa complessità dei mercati industriali e finanziari e l’interdipendenza che lega le realtà locali alle attuali dinamiche internazionali stanno modificando la cultura del lavoro e le relazioni industriali, sottoponendo l’articolazione del welfare dei Paesi avanzati a sfide drammatiche.

Proprio su questi scenari si è riflettuto e dibattuto durante la prima edizione del Festival Internazionale del Lavoro a Rocca di Papa tra il 29 e il 31 ottobre dove, accanto alla cultura scientifica, ci sono stati momenti di dibattito e di proposta.

Esponenti di vertice dei movimenti sindacali e delle istituzioni nazionali e internazionali (tra cui il direttore del Fondo Monetario Internazionale Strauss-Kahnn) sono stati chiamati a riflettere sul ruolo degli attori sociali per lo sviluppo economico e per l’ampliamento della partecipazione democratica, riportando così ad una visione d’insieme delle questioni che caratterizzano il lavoro e la sua rappresentanza nella società contemporanea. Uno dei temi principali oggetto di dibattito è stato il compito dell’economia civile e del capitalismo associativo: all’indomani dell’abbandono delle illusioni di affidare ai soli meccanismi istituzionali o ad oligarchie politiche l’equilibrio socio-economico delle dinamiche della società internazionale, si ripropone con più forza la centralità di una responsabile interrelazione sociale.

In questa prospettiva sta assumendo un ruolo importante l’incontro tra imprese e consumatori responsabili, sempre più propensi a scegliere a favore del valore sociale ed ambientale contenuto nei prodotti che acquistano. Questo incontro capace di coniugare creazione di valore economico, motivazioni intrinseche e tutela del lavoro, sostenibilità sociale ed ambientale, si accompagna e nuove possibilità di consapevole azione degli attori soggetti sociali. Se dopo la crisi la grande maggioranza dei commentatori sottolinea che il sistema socioeconomico non può funzionare se in deficit di fiducia e responsabilità, diventa fondamentale che le istituzioni pubbliche e la società politica oggi riconoscano e favoriscano tale crescita di responsabilità sociale come risorsa per il bene comune, in un approccio che escluda dal suo orizzonte forme di cieco protezionismo e d’inefficace statalismo.

La sempre maggiore diffusione di fondi socialmente orientati e volti a “premiare”, con i propri investimenti, le imprese all’avanguardia nell’efficienza economica, sociale e ambientale rende ancora più importante e necessario che i lavoratori, organizzati nelle loro associazioni, possano agire non solo nella contrattazione esclusiva del mercato del lavoro, ma anche attraverso lo strumento dei fondi pensione, con iniziative di finanza etica e di azionariato attivo. Il delinearsi di una strategia di orientamento in una sorta di “capitalismo associativo” di queste e di altre esperienze di risparmio responsabile e di finanza etica (come leva di sviluppo solidale delle comunità di riferimento e strumento idoneo a sostenere le istanze di tutela e di dignità del lavoro), rende possibile, in una progettualità matura e storicamente possibile, perseguire dinamiche partecipative nel processo d’accumulazione, nel processo, cioè, di formazione di quelle risorse finanziarie che, in definitiva, sostengono tutta la crescita, in qualsiasi settore o direzione e qualsiasi aspetto o momento.

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