In effetti, gli stranieri trasferiscono in Italia una ricchezza altrimenti non importabile; eppure, questa particolare forma della ricchezza implica e determina la nostra povertà.
Procediamo con ordine.
A seguito della lettura di un testo del linguista Abel, Freud adottò senza riserve la tesi per cui le parole ed i simboli arcaici sarebbero sempre “coalescenti”, ovvero, rimanderebbero a significati alternativi e tra loro inconciliabili. A prescindere dalla fondatezza scientifica della tesi freudiana, aspramente ed esplicitamente criticata da Beneviste, resta l’innegabile ambivalenza dei “termini primari” che, al pari degli antichi dèi, esprimono spesso significati ossimorici. Si pensi, a mero titolo di esempio, al lemma latino altus (che significa sia “alto” che “profondo”) al termine ebraico herem (che, anticamente, significava sia “condannato a morte” che “in grazia di Dio”) al simbolo orientale del tao (che esprime in maniera emblematica il rapporto di osmotica e reciproca coappartenenza tra bene e male) ed alla stessa croce cristiana (che ricorda la più grave delle colpe ed al tempo stesso, la via della salvezza).
A questa lunga serie di termini e di simboli coalescenti apparterrebbe anche lo “straniero”, che, a differenza del concittadino, è, sempre, ed al tempo stesso, pericolo e opportunità. Non a caso, il termine latino “hospes” (ospite) ed il lemma ad esso speculare ed opposto “hostis” (“nemico”) possiedono la stessa radice etimologica. Ciò non significa tanto che con ogni straniero, così come con ogni estraneo, possiamo stabilire un rapporto di amicizia o di ostilità, quanto che nella figura dello straniero troviamo inscindibilmente legate “opportunità” e “pericolo”.
A mio personale modo di vedere, il secondo aspetto è preponderante, e si risolve nel primo.
Provo a spiegarmi: lo straniero rappresenta un pericolo, perché egli porta con sé il “virus della povertà”. Con ciò non intendo affatto richiamare l’attenzione sul versante economico della questione, tutt’altro, gli stranieri possono essere anche estremamente ricchi, ma restano, sempre e comunque, poveri, perché affetti da una forma della povertà ben più radicale di quella economica. Una persona può possedere molte case in una città e restare comunque uno straniero, così come può essere il più povero dei senza fissa dimora, e ritenersi, a pieno titolo, cittadino; perché essere o meno stranieri dipende dalla condizione esistenziale in cui versa il soggetto, non dalla quantità dei beni che possiede. Gli stranieri non sono poveri perché non “hanno”, sono poveri perché ed in quanto non “sanno”: non conoscono il luogo, non conoscono la lingua, non conoscono i tempi che caratterizzano la società in cui si trovano, è precisamente questa ignoranza che ci consente di qualificarli come stranieri.
Tuttavia, la vulnerabilità che affligge i nostri ospiti non sempre determina gesti di solidarietà. Ciò accade perché, come dicevo poc’anzi, ogni contatto con uno straniero rischia di veicolare un “contagio”. Infatti, avere a che fare con uno straniero significa accettare che la propria cultura, la propria lingua, la propria patria non è “la” cultura, “la” lingua, “la” patria. Entrare in contatto con uno straniero significa toccare con mano i confini del proprio mondo, scoprirsi improvvisamente poveri, essere costretti ad accettare la strutturale condizione di contingenza e di indigenza che affligge ogni essere umano. Tutto ciò non può non risultare obiettivamente orticante per una società dominata dal nichilismo e dalla ingenua volontà di potenza che esso comporta.
Ecco perché gli stranieri sono pericolosi, ecco perché importano nel nostro Paese ricchezza, ecco perché la loro presenza è un’opportunità da non lasciarsi scappare.
La “pericolosa” presenza degli stranieri
In data 7 giugno, l’ISTAT ha pubblicato il Bilancio Demografico Nazionale. Le più importanti testate giornalistiche hanno offerto il giusto risalto alla notizia, rimarcando il fondamentale apporto fornito dagli stranieri per la crescita dei residenti nel nostro Paese. A ben vedere, i dati diffusi non fanno che confermare una teoria nota ed ormai pacificamente accettata in ambito economico: i nostri ospiti rappresentano una risorsa di primissimo piano per il “sistema Italia”.
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