rnGli strumenti ci sono e sono facili da attuare: separazione delle carriere, riflessione sull’obbligatorietà dell’azione penale e così via. Il PD faccia in fretta: non è più tempo di magistrati “ amici”, i vantaggi del momento diventano irrecuperabili perdite di autorevolezza e capacità politica.
Se si fa mente locale, ci si accorge che non vi è un solo soggetto, attore economico, professionale, politico che sia, che non debba rispondere delle proprie azioni. Se sbaglia l’avvocato o il medico, sarà tenuto a risarcire il danno, se il sindaco delude le aspettative dei cittadini, non viene rieletto. Un magistrato può distruggere in via definitiva l’onorabilità di una persona con un errore e non dover concretamente rispondere in proprio; può avvalersi per anni di costosi strumenti di indagine senza approdare a nulla e non rendere conto a nessuno del proprio operato. Si è affermato il principio del giusto processo e della terzietà – anche rispetto al pubblico ministero- parte pubblica – del magistrato giudicante, e poi nello stesso corridoio ci sono le stanze del p. m. e del g.i.p., magari entrambi dello stesso concorso di reclutamento o appartenenti alla stessa corrente associativa. Se un professore di scuola media non si presenta a fare lezione, può vedersi perseguito sul piano disciplinare dal capo d’istituto, ad un giudice civile è consentito rinviare più o meno a piacimento un’udienza in cui potrebbero essere in ballo importanti interessi economici o personali di uno o più cittadini senza, in concreto, giustificare il proprio operato. Questi non sono i temi di Berlusconi, che ovviamente ha più di una ragione personale – talora fondata – di farsene paladino. Dovrebbero essere i temi della politica, che diventa credibile perché, pur difendendo le prerogative d’autonomia della magistratura ed escludendo ogni pretesa di propria impunità, affronta il nodo di una società moderna e di una civiltà avanzata: la giustizia che non è potere, ma servizio, efficiente e non autoreferenziale. Lo comprenda con urgenza anche il PD, che deve diventare parte attiva di un simile processo, con il doppio risultato di evolversi definitivamente in chiave riformista e di eliminare alibi al centro- destra.