i noti principi del rispetto dei diritti fondamentali della persona e del rifiuto di ogni ingiusta discriminazione, che sono sanciti a chiare lettere nello stesso Catechismo della Chiesa cattolica, escludono evidentemente tutte le legislazioni penali discriminatorie nei confronti degli omosessuali. Ma qui si tratta, invece, di introdurre una dichiarazione di valore politico che si può riflettere in meccanismi di controllo in forza dei quali ogni norma (non solo legale, ma anche relativa alla vita di gruppi sociali o religiosi) che non ponga esattamente sullo stesso piano ogni orientamento sessuale, può venire considerata contraria al rispetto dei diritti dell’uomo. Ciò può diventare chiaramente strumento di pressione o discriminazione nei confronti di chi, solo per fare un esempio molto chiaro, considera il matrimonio fra uomo e donna la forma fondamentale e originaria della vita sociale e come tale da privilegiare. Non per nulla meno di 50 stati membri delle Nazioni Unite hanno aderito alla proposta in questione, mentre più di 150 non vi hanno aderito.rn
In realtà il tema di fondo malcelato dai distratti media italiani è uno solo e riguarda il tema della c.d. identità di genere o del gender.
Il nostro ordinamento non permette certamente che a causa di una inclinazione omosessuale qualcuno possa essere discriminato, diverso è invece il caso che quella inclinazione porti a comportamenti che in contesti non siano accolti. Come ha infatti stabilito la terza sezione penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 13234/2008), "la discriminazione […] si deve fondare sulla qualità del soggetto […] e non sui comportamenti. […] In definitiva un soggetto può anche essere legittimamente discriminato per il suo comportamento ma non per la sua qualità di essere diverso".
Può essere legittimamente discriminato per il suo comportamento: chiaro o no? E ci mancherebbe che io, singolo o comunità, non possa fare le mie scelte rispetto a persone i cui comportamenti disapprovo totalmente.
L’identità (o meglio ideologia) del genere parte da una prospettiva opposta. Il sesso non costituisce un carattere naturale, bensì un’opzione culturale, cioè una “libera” scelta di ciascuna persona. Se il sesso è un’opzione culturale, si può scegliere liberamente a quale sesso appartenere e passare da uno all’altro ad libitum (mentre per la scienza ciò risulta inequivocabilmente impossibile, a meno di evidenze fisiche). Dunque sono equivalenti tutti i comportamenti sessuali, anche le preferenze omosessuali sono una opzione culturale su cui si può apertamente fare proselitismo a prescindere dal contesto di riferimento. Anche a casa mia, nel mio ufficio, nella classe dei miei figli, in Chiesa? Sì, si tenta di introdurre un riconoscimento pubblico di comportamenti e convivenze omosessuali in maniera surrettizia, e cioè inserendo in documenti e nelle più disparate materie (come è accaduto in un progetto di legge che in apparenza parlava di Stalking, approvato in Commissione Giustizia della Camera nella passata legislatura) riferimenti al concetto di genere o gender, finora sconosciuto nel diritto positivo italiano: come è noto la Costituzione italiana si riferisce ai concetti di uomo, donna e sesso. Tali “comportamenti”, oggi discriminabili cioè distinguibili, non assimilabili ad altri ritenuti più condivisi e prevalenti, una volta riconosciuti per norma di legge, si traslerebbero artificiosamente in “qualità del soggetto”, che dunque – come affermato dalla Cassazione ricordata – non possono essere discriminate.
Una volta affermata tale possibilità, le implicazioni che ne derivano sono chiare: può pervenirsi, senza passare per alcuna battaglia, all’introduzione del “matrimonio” tra persone dello stesso sesso, dal momento che sarà sufficiente che una persona affermi di essere del genere opposto rispetto a quello del partner per poter chiedere il matrimonio.
E’ evidente il rischio che potrebbe essere richiesta l’applicazione della norma nei confronti delle persone (sacerdoti, educatori) che sono contrari alla omosessualità. Per non tacere del fatto che, da genitore, mai vorrei vedermi imposto ai miei figli un insegnante che ostentasse comportamenti omosessuali indicandoli di fatto come modelli di stile di vita. Sono un discriminatore? Spettando per dettato costituzionale l’educazione dei figli ai genitori, che la delegano agli insegnanti ai fini del conseguimento dei titoli relativi ai saperi scolastici, ritengo di essere soltanto un liberale.
E mi sorprende (davvero?) che i media italiani, autocelebrantisi laici e liberali, davanti ad una vicenda così complessa si limitino ad urlare: la Chiesa dice no alla depenalizzazione dell’omosessualità.