Si può decidere di non far costruire minareti pur pensando che il mondo islamico debba poter esprimere la propria presenza religiosa in forme meno invasive. O lo si consenta nel momento in cui in tutti i Paesi a maggioranza islamica possano spuntare campanili. Ma tant’è, il senso di disagio di fronte alla decisione resta. Il problema, a mio modo di vedere, risiede nel fatto che culturalmente l’Europa è impreparata ad affrontare il problema islamico perché è impreparata ad affrontare più in generale il fenomeno religioso. Una cultura e una società i cui capi politici e i cui capi culturali sono stati educati secondo l’idea che la religione non deve più entrare nella vita civile, e secondo il diktat illuminista secondo cui Dio è una faccenda privata di gente arretrata, nel momento in cui deve affrontare l’esistenza –nonostante tali diktat- di fenomeni religiosi che hanno rilievo civile, come l’islam ma anche il cristianesimo, non sa come fare. Per decenni, i cosiddeti maestri del pensiero autonominatosi moderno hanno predicato, insegnato, imposto un atteggiamento sospettoso se non dispregiativo di fronte al senso religioso e ai suoi fenomeni. E ora gli stessi vorrebbero saper gestire una situazione in cui tale fenomeno invece di sparire, come speravano e predicavano, si mostra in mille modi. Ci troviamo, scusate la metafora un po’ semplificante, nella condizione in cui una società guidata da detrattori delle tagliatelle al ragù si trovasse a dover gestire un ristorante dove in menù ci stanno specialità emiliano-romagnole. Non sarà dalle decisioni di genere amministrativo e politico (sulle quali lo strumento referendario mostra limiti insieme ai vantaggi) che verranno i modi migliori per la convivenza civile e religiosa. Occorre una rieducazione radicale e di base alla considerazione del fenomeno religioso, del senso di tale dimensione nella vita personale e quindi sociale. Altrimenti le decisioni connotate da faccende religiose si presteranno sempre di più a un uso distorto e pericoloso per fini eminentemente politici.
La maggioranza degli Svizzeri non vuole i minareti. Non li vuole per mille motivi. Si può pensare quello che si vuole. Criticare o approvare. In ogni caso resta il senso profondo di disagio: è possibile che il fenomeno religioso sia regolato con provvedimenti a “maggioranza” ? E’ vero che impedire la costruzione di un certo genere di edificio che ha molti significati non è, in senso stretto, una decisione che riguarda strettamente il problema religioso.
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