Il primo presidente nero della storia americana passa del tempo alla vigilia del giuramento dando manforte ai volontari che ristrutturano una scuola nel quartiere nero più degradato di Washington. Un calciatore famoso rifiuta l’offerta indecente (a cui non si può dire di no secondo la stupidità del nostro senso comune) di uno sceicco perché i soldi non sono nulla senza la felicità interiore e la precedenza va data all’indicazione di fede e all’affetto dei propri sostenitori.

Due gesti di “felicità sostenibile” oltre l’uomo economico, in perfetta coerenza con i risultati scientifici degli studi sulle determinanti della soddisfazione di vita che ci ricordano che l’impatto di aumenti di reddito per chi ha già redditi elevati sulla soddisfazione di vita è praticamente nullo. E che una delle dimensioni che più contribuisce alla soddisfazione di vita è compiere gesti di gratuità per coloro che hanno più bisogno.

Lo Smith della Teoria dei Sentimenti Morali ci ricorda che la felicità dipende dal rendere felici gli altri, Yunus il premio nobel per la pace, inventore della microfinanza moderna, sottolinea di aver scelto questo percorso di vita non per dovere morale ma perché provava una profonda gioia nel costruire soluzioni in grado di riscattare i non bancabili dalle loro situazioni di bisogno. Ghandi sottolinea in un’altra bellissima frase che i nostri dubbi su ciò che stiamo facendo spariscono quando sappiamo che le nostre azioni potranno avere qualche beneficio per gli ultimi.

E’ vero che le stesse azioni compiute da chi non ha il premio della visibilità e dell’effetto mediatico sono enormemente più meritorie. Oggi abbiamo però bisogno anche di figure pubbliche che escano dalla mediocrità e dalla volgarità sorda dell’avidità e della ricerca del potere come unica molla dell’agire umano per indicare orizzonti nuovi.

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Soprattutto qui da noi in Italia, come ha sostenuto tempo fa anche l’ex presidente Ciampi, c’è urgenza di nuovi orizzonti per rimettere in moto energie politiche e produttive che hanno perso la loro spinta propulsiva da tempo. La vera fonte della produttività, affianco all’istinto dell’autointeresse, è una forte motivazione interiore, quella che spinse i nostri padri a lottare contro il nazismo, a ricostruire il paese dopo la guerra, a promuovere un benessere che ci consentiva di uscire dalla povertà, a costruire l’Europa, sotto una spinta ideale che si proponeva di bloccare alla radice, attraverso processi di convivenza tra popoli, la possibilità di nuove guerre. Poi è venuta la generazione dei tecnocrati e le motivazioni ideali, magari presenti ma celate e non rese manifeste per eccessivo pudore, si sono progressivamente appannate. Oggi abbiamo bisogno di nuovi traguardi ideali per dare orientament, smalto e incisività alla fatica dell’investimento in formazione, alla nostra professionalità e capacità tecnica. Di un know why che animi il know how, perché entrambi sono fondamentali, ma ognuno ha bisogno dell’altro per poter completarsi.

Obama è stato particolarmente abile ad individuare questi nuovi traguardi. La salvezza ecologica del pianeta attraverso la nuova frontiera delle energie rinnovabili, l’ulteriore passo avanti nell’integrazione razziale, la lotta alle povertà e alle marginalità. Tutto il resto sarà dato in aggiunta, ovvero la ripresa della classe media non può essere efficace senza porsi sotto traguardi più ampi ed ambiziosi. Sono queste le motivazioni forti che animano oggi molti giovani impegnati nel sociale da noi in Italia e che chiedono urgentemente una traduzione in termini di orizzonti politici in grado di animare e vivificare la normalità del quotidiano.

La soluzione vitale per il nostro declino è una sola: l’incontro tra la fragilità occidentale dei naufraghi di senso che hanno smarrito la ricetta antica e la fragilità di chi vive nel bisogno da noi e in altri paesi. La nostra proverbiale operosità e capacità di fare può rifiorire ed essere vivificata se messa al servizio di una causa che rende la vita piena.

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