Fra le iniziative “inedite” del Capo dello Stato nei rapporti con l’attività governativa e parlamentare (non infrequenti, negli ultimi tempi, e quindi non più così inedite), clamore ha suscitato quella d’inviare una lettera preventiva di “dono non gradito” al presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato.Si tratta della presa di posizione sulla proposta di legge costituzionale avente ad oggetto la sospensione dei processi nei confronti delle alte cariche dello Stato (adesso due e non più cinque come nella versione del lodo «Schifani» e quattro come nella cd. legge Alfano, bocciata dalla Corte costituzionale: Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio dei Ministri).

Proprio il presidente della commissione, stando agli atti parlamentari, ha proposto un emendamento, approvato, per effetto del quale i processi nei confronti del Presidente della Repubblica o del Presidente del Consiglio dei Ministri, anche se relativi a fatti antecedenti l’assunzione della carica, possono essere sospesi con deliberazione parlamentare, secondo le disposizioni previste dalla proposta di legge costituzionale.

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Lasciando da parte, in queste righe, la figura del presidente del Consiglio, quanto al Presidente della Repubblica il regalo non è evidentemente gradito.
Osserva la Presidenza che si nutrono «profonde perplessità sulla … scelta d’innovare la normativa vigente prevedendo che la sospensione dei processi penali riguardi anche il Presidente della Repubblica».
Questo testo è stato letto come una bocciatura della proposta; a noi pare, tuttavia, che non si tratti d’un testo di assolutamente univoca interpretazione.
Prurities coniectandi, prurigine congetturale, si dirà. Forse. Ma il clamore della polemica politica non giova a letture problematiche e dubbiose. Sembra che la lettera abbia ad oggetto, ad onta dell’esordio, solo e soltanto la diminuzione dell’indipendenza del Presidente, dunque non possa essere riferita alla previsione, in quanto tale, di una immunità “extrafunzionale”, riferita cioè a fatti commessi al di fuori (prima o dopo, non è importante) dell’esercizio delle funzioni, immunità che amplia – invece di ridurre – le prerogative del Presidente; del tutto diverso è il discorso circa la legittimità di tale ampliamento, che qui però non interessa immediatamente.
 
Dunque. La Presidenza, pur dopo l’ampia dichiarazione di principio (in cui esprime il disaccordo sull’estensione della sospensione alla più alta carica dello Stato), esplicita però la sua preoccupazione soltanto rispetto a quelle previsioni della proposta che riducono la propria indipendenza, e non – invece – rispetto a quelle che la ampliano. Seguendo l’andamento della lettera, infatti, alla dichiarazione di principio segue la spiegazione che la proposta «appare viziata da palese irragionevolezza nella parte in cui consente al Parlamento in seduta comune di far valere asserite responsabilità penali del Presidente della repubblica a maggioranza semplice anche per atti diversi dalle fattispecie penali» previste dalla Costituzione (alto tradimento e |attentato alla Costituzione). La maggioranza semplice come mezzo per eliminare gli ostacoli al perseguimento penale del Presidente a causa di reati cosiddetti funzionali (gli unici menzionati dalla Costituzione) non sarebbe dunque ammissibile.
E se si tratta di reati commessi al di fuori dell’esercizio delle funzioni? Su questi, la Costituzione tace: dunque, sembrerebbe – come si è già avuto modo di ricordare ai lettori di «Benecomune» – che il Presidente non sarebbe affatto immune dall’essere sottoposto a procedimento penale.
Su questo, la lettera di Napolitano appunto tace, o comunque lascia spazio ad interpretazioni contrastanti: si dice bensì che, per effetto della proposta, «il Parlamento potrebbe essere chiamato a pronunciarsi a maggioranza semplice sulla prosecuzione di procedimenti penali per fattispecie diverse da quelle previste dall’art. 90 della Costituzione», ma non è chiaro se con il termine di «fattispecie diverse» intenda parlare dei reati commessi nell’esercizio delle funzioni (diversi dall’alto tradimento e dall’attentato alla Costituzione), oppure anche dei reati extrafunzionali (i quali, propriamente, non sono invece affatto menzionati, lo si è appena ricordato, dalla Carta fondamentale), sui quali peraltro non esisterebbe nessuna prassi costituzionale, di cui fa cenno la lettera (ulteriore conferma che non è a questi reati che la lettera stessa si riferisce).
Si vuol dire, in sostanza, che la previsione di una sospensione per reati extrafunzionali sarebbe un ampliamento delle prerogative e non una diminuzione, con la conseguenza che le censure esplicite del Presidente non sarebbero da riferire a questo aspetto della proposta di legge costituzionale. E non sarebbe, di per sé, un ampliamento irragionevole (né eccezionale nel panorama dei Paesi a ordinamento repubblicano normalmente usati come termine di comparazione), perché, come è stato scritto, l’ipotesi di un Presidente inquisito appare «anomala ed inquietante».
 
Ovviamente, il disagio del Presidente per l’intera operazione traspare tra le righe; ed è anche tutto nostro, per via del dispendio, in pinzillacchere, di energie politiche, giuridiche e in senso lato intellettuali a fronte di un’immensa quantità di problemi economici e sociali che si ammassano – esattamente come i rifiuti – senza che i nocchieri diano mostra di vedere la rotta.
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