Nessuno sembra ricordare che, ad eccezion fatta del casus belli della Grecia e della sua contabilità truccata, la causa di quest’accelerazione negativa nelle finanze pubbliche è stata la crisi finanziaria mondiale. Ricapitolando, le grandi banche d’affari internazionali assumono rischi enormi indebitandosi a breve e arrivando a rapporti tra debito e capitale proprio di 31 a 1 (il caso Lehman Brothers); le agenzie di rating non valutano correttamente il rischio contenuto nei derivati legati ai mutui subprime e continuano a dare patenti di massima affidabilità ai titoli emessi da quelle banche d’affari. Il sistema salta col crollo della bolla dei prezzi delle case negli Stati Uniti e l’enorme massa di derivati non regolamentati, di cui improvvisamente non si riesce più a calcolare il valore, fa da detonatore scatenando una crisi drammatica degli intermediari finanziari (e dell’economia reale) per la cui soluzione devono mobilitarsi le banche centrali e gli stati nazionali. Gli stati nazionali intervengono prontamente salvando le banche con i soldi dei contribuenti e dunque, inevitabilmente, peggiorando la situazione della loro finanza pubblica. Le istituzioni finanziarie salvate utilizzano le nuove munizioni proprio per mettere a nudo le debolezze delle finanze degli stati nazionali. Insomma i salvatori si svenano indebolendosi per effettuare il salvataggio degli intermediari in difficoltà con i soldi dei contribuenti e questi utilizzano le nuove munizioni per approfittare della debolezza di chi è venuto loro in soccorso (ponendo le condizioni per ulteriori sacrifici dei contribuenti).
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