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Non è da adesso che si parla del conflitto di interessi. Da quando Berlusconi è “sceso in campo” cioè dal lontano 1994 la questione viene ripetutamente tirata (giustamente) in ballo: è noto che il sistema costituzionale italiano ha subito un vulnus da questo punto di vista, aggravato dalla carenza di pluralismo del sistema radiotelevisivo. Vulnus che, però, nessuno mai ha cercato seriamente di ricucire, lasciando che il sistema costituzionale si portasse dietro, per parafrasare un monologo di Gaber, un errore “che poi col tempo si è ripetuto, moltiplicato, ingigantito, fino a diventare gravissimo, irreparabile”.rn
Altro elemento che lascia perplessi è la scelta delle norme comunitarie da ottemperare in relazione alle circostanze. Se l’obbligo dell’aumento/allineamento dell’IVA ci viene dalla Comunità europea, perché non ottemperare anche agli altri dettati comunitari, in specie quello della sentenza interpretativa sul Caso Europa7?
Ricordiamoci, infine, che SKY è l’impresa che ha il monopolio della televisione via satellite a pagamento in Italia. Posto che in un paese normale non dovremmo avere un Presidente del Consiglio legato ad interessi in imprese così rilevanti per la formazione dell’opinione pubblica, quali quelle televisive, la scelta di aumentare l’imposizione fiscale su un monopolista, credo, non dovrebbe scandalizzare più di tanto. Mancando la concorrenza nel settore della TV satellitare a pagamento e quindi l’incentivo a tenere i prezzi bassi, non si può sperare nemmeno che i maggiori costi possano essere spalmati su altri introiti che non gli stessi abbonamenti degli utenti satellitari.
Vero è che parte dei servizi forniti da SKY sono fungibili con quelli forniti dai canali del digitale terrestre: stando alle dichiarazioni della Commissione europea, la questione sottostante alla vicenda stava nel dover decidere se, essendo necessario un allineamento tributario per servizi simili, si dovesse applicare alle pay tv l’aliquota IVA più bassa o quella più alta, qualsiasi fosse la loro piattaforma di distribuzione. Il conflitto di interessi si sarebbe verificato comunque: sia che si fosse innalzata o abbassata l’aliquota. Probabilmente, dato il maggior volume commerciale di SKY, la soluzione adottata conviene di più ai concorrenti.
Insomma, sono ancora una volta venuti al pettine i nodi di un sistema che si è incancrenito nell’inadeguatezza normativa della regolazione del conflitto di interessi e del sistema televisivo. E ancora una volta a farne le spese sono i cittadini, soprattutto quelli che non si danno da fare a trovare alternative alla “tradizionale” televisione. Da questo punto di vista sono poco incoraggianti le recenti statistiche che vedono gli Italiani meno attivi degli altri Europei sul Web.