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La Corte di Strasburgo ha riaperto la lunga vertenza giudiziaria relativa alla presenza del crocifisso nelle aule scolastiche, accogliendo il ricorso di una cittadina finlandese che aveva chiesto la rimozione del crocifisso dalla scuola dei suoi figli ad Abano Terme (Padova). Innanzitutto è il caso di ricordare brevemente il quadro normativo entro cui si colloca la vicenda.

In Italia, l’affissione del crocifisso nelle scuole italiane è prevista da due Regolamenti del 1924 e del 1927 in materia di arredi scolastici. Sono norme tuttora vigenti. In linea generale, nel nostro ordinamento, la valutazione sulla legittimità di tali disposizioni va operata raffrontandole con i principi che ispirano la nostra Carta costituzionale, il cui nucleo fondamentale si divide in tre gruppi: gli articoli 2 e 3 sui diritti inviolabili e la pari dignità sociale delle persone; gli articoli 7 e 8, sui rapporti tra Stato e confessioni religiose e sulla correlata libertà di organizzazione; gli articoli 19 e 20 sulla libertà di professare la fede e sul divieto di discriminazione degli enti confessionali. Tutti questi articoli della Costituzione italiana rappresentano la base di quello che si suole definire "principio di laicità". Principio che indica la reciproca autonomia tra ordine temporale e ordine spirituale. Autonomia che non significa indifferenza, ma piuttosto come interdizione dello Stato di entrare nelle vicende interne delle confessioni religiose; e per l’autorità religiosa come preclusione di esercitare nello Stato anche il potere temporale. Ne consegue che la libertà di religione e l’esercizio del culto è una prerogativa dei credenti proprio quale conseguenza del principio di laicità. La legittimità dell’esposizione del crocifisso come simbolo religioso si realizza in questo contesto. Del resto la giurisprudenza italiana che si era occupata del caso aveva sottolineato che l’esposizione di un simbolo religioso in un luogo pubblico – che per il credente rappresenta un valore di fede – è da considerarsi legittimo dinnanzi all’intera comunità, comprensiva anche di quanti non credono, qualora tale simbolo sia in grado di richiamare in forma sintetica, intuibile e percepibile quei valori che ispirano l’ordine costituzionale e rappresentano i fondamenti del nostro vivere civile. Valori ben rappresentati dall’effige di Gesù Cristo in croce. E, se solo riflettiamo sul fatto che Gesù Cristo è realmente vissuto e che quanto da Lui detto e predicato rappresenta anche per chi non crede una base di valori profondamente condivisi, non può che dedursi il carattere anche "laico" del crocifisso. Le decisioni su questo punto in Italia sono molto chiare: " il crocifisso è atto ad esprimere, appunto in chiave simbolica ma in modo adeguato, l’origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell’autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che connotano la civiltà italiana" (Consiglio di Stato, 13 febbraio 2006, n. 556). Sul profondo senso di apertura verso l’altro che sta alla base del significato religioso e culturale del crocifisso ricordo parole di Papa Giovanni Paolo II: "Popoli tutti, aprite le porte a Cristo! Il suo Vangelo nulla toglie alla libertà dell’uomo, al dovuto rispetto delle culture. A quanto c’è di buono in ogni religione" (Redemptoris Missio, n. 3).

A questo punto, invece, secondo i giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo (giudici eletti dal Consiglio d’Europa, organismo i cui membri sono designati dai parlamentari degli Stati membri e che non hanno nulla a che fare con l’Unione europea e i suoi organi elettivi), l’affissione del crocifisso nelle scuole costituirebbe "una violazione dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni" e una violazione alla "libertà di religione degli alunni". Ma allora perché non eliminare anche il calendario gregoriano (quello, per intenderci che ci dice che oggi siamo a 2009 anni dalla nascita di Cristo)? E poi perché, a questo punto, non abolire anche le vacanze di Natale e quelle pasquali, che – seguendo il ragionamento dei giudici di Strasburgo – dovrebbero essere rifiutate da genitori-modello di laicità? E, ancora, perché non impedire l’esposizione a scuola dei disegni dei nostri bambini ove ci siano raffigurate chiese o croci? E vietiamo ai nostri ragazzi di mostrare nei licei crocifissi appesi alle collane o tatuaggi inneggianti a filosofie ed esperienze sincretiste, come quelli tribali o simbolici. Insomma annientiamo qualunque segno pubblico di libertà sia essa religiosa o laica. La strada indicata dai giudici di Strasburgo è tutta in discesa: per impedire che qualcuno violi la libertà altrui, basta eliminarla in radice.    

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