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La visita di Benedetto XVI del 17 gennaio nella Sinagoga di Roma è un evento storico che si pone nel solco della visita del 1986 di Giovanni Paolo II, papa tedesco che si è recato in pellegrinaggio nel luogo simbolo del male assoluto del ‘900 operato dai nazisti con il complice silenzio di molti.rn

Papa Ratzinger porta con dolore e consapevolezza sulle sue spalle la storia delle incomprensioni e dei silenzi.

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"Purtroppo molti rimasero indifferenti" ha detto papa Ratzinger riferendosi alla deportazione degli ebrei romani il 16 ottobre 1943.Una parola forte, inattesa, che rende evidente che la sofferenza del popolo ebraico non può essere dimenticata.

E con la stessa chiarezza ha aggiunto: "ma molti anche fra i cattolici, sostenuti dalla fede e dall’insegnamento cristiano, reagirono con coraggio, aprendo le braccia per soccorrere gli ebrei braccati e fuggiaschi a rischio della propria vita"

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Il muro di incomprensione tra ebrei e cattolici fortunatamente non si e’ rialzato.  Una nuova pagina di dialogo e di amicizia ebraico-cristiana comincia. E dalla "Nostra Aetate" del Concilio Vaticano II non si torna indietro. Il papa ribadisce con forza la continuità dell’insegnamento conciliare.

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Secondo le parole che il papa riprende dall’apostolo Paolo, la predilezione del Signore verso il popolo ebraico resta "irrevocabile" e i "fratelli maggiori" restano scelti per primi.

Di grande acutezza teologica sono state le parole del Rabbino Capo Riccardo Di Segni che con realismo ha posto il tema della rivalità tra i fratelli di cui grondano le pagine della Bibbia. Da Caino e Abele, a Isacco e Ismaele, a Giacobbe e Esaù, fino a Giuseppe e i suoi fratelli, la fratellanza spesso si trasforma in rivalità e talvolta porta al fratricidio.

Anche la millenaria storia del rapporto tra ebrei e cristiani è una storia che alle pagine della fratellanza spesso contrappone la pagine della rivalità e finanche del fratricidio.

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Ma cristiani e ebrei non possono smettere di dialogare e di coltivare la loro amicizia.

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C’e’ sempre chi teme rigurgiti di antisemitismo e ritorni al passato meno memorabile del rapporto con gli ebrei.

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Le sfide del futuro sono davanti ai nostri occhi.
Nell’incontro del 1986 il Rabbino capo Toaff aveva auspicato un comune impegno contro l’apartheid in Sud Africa e per la libertà religiosa in URSS.
 
Nel successivo incontro il Rabbino Capo Saban auspicò l’apertura di relazioni diplomatiche tra Vaticano e Israele. Tutto questo è diventato realtà.
 
Il futuro è denso di ombre ma non privo di luci di speranza. L’incontro e il dialogo tra le religioni per costruire la pace è uno dei segni di speranza. Lo spirito di Assisi per un giorno è risuonato nella Sinagoga di Roma insieme ai canti dei salmi del popolo dell’alleanza del Sinai.
 
Il rabbino Di Segni si è chiesto per quali strade e attraverso quali modalità ebrei e cristiani possono camminare insieme. Il papa tedesco ha risposto senza esitazioni: riportare insieme nella  società il senso di Dio; impegnarsi per difendere la sacralità della vita e la famiglia; dare alla custodia del creato un senso pienamente umano.
Tanto il rabbino quanto il papa hanno usato parole forti e dense di significato spirituale.
Suggestivo il cenno di Di Segni alla necessità di una ecologia "non idolatrica". Una forma di continuazione del disegno creatore di Dio, la custodia del creato, non puo’ infatti trasformarsi in panteistica sottomissione ai miti naturalistici.
 Dietro l’amicizia ebraico-cristiana (che va custodita e coltivata) sta la comune adesione alle "Dieci Parole" consegnate sul Sinai al popolo di Israele che possono anche oggi ispirare una visione antropologica capace di contrastare le derive nichiliste e relativiste.
 
 

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