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In occasione della visita del Presidente americano George Bush molto si è parlato sulla stampa italiana – ma non su quella estera ed in particolare non su quella americana – dell’inclusione del nostro paese nel gruppo 5 +1 – formato dai membri permanenti dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania (e l’Alto Rappresentante della UE come un portavoce) – che negozia con l’Iran sulla questione nucleare.

La questione era già stata sollevata dal precedente governo di Romano Prodi, è ora una delle principali priorità di politica estera per il nuovo governo Berlusconi.

Appena prima del suo viaggio in Italia Bush aveva espresso al TG1 il suo sostegno, confermando quello che il segretario di Stato Condoleezza Rice aveva già detto il Ministro degli Affari Esteri Franco Frattini. Il Presidente francese Nicolas Sarkozy – che ha bisogno di un pieno sostegno italiano sull’Unione del Mediterraneo, si è detto possibilista, così come i cinesi, grati alle autorità italiane per non aver incontrato il Dalai Lama (sic!). Tuttavia, in seguito alla ferma opposizione della Germania, anche l’amministrazione Bush ha mostrato qualche esitazione e la questione rimane, per ora, aperta.

Nel merito, l’inclusione dell’ Italia nel corso dei negoziati con l’Iran ha decisamente senso. Il 5 +1 gruppo non ha prodotto i risultati sperati. I negoziati sono una fase di ristagno, ed un ulteriore risoluzione delle Nazioni Unite è improbabile a causa dell’opposizione di Cina e Russia. Nel 2009, l’Iran entrerà in un anno di elezioni, e sarà pertanto loro più difficile fare concessioni. Eppure, c’è una sottile ma reale possibilità che le elezioni inducano un dibattito interno. L’Italia ha importanti relazioni geopolitiche, economiche e commerciali con l’Iran, essendone il secondo partner economico europeo dopo la Germania. Ha inoltre un solido rapporto con la Russia, e anche questo potrebbe essere un elemento positivo data influenza della Russia sull’Iran. Inoltre, l’inclusione di un nuovo attore darebbe nuovo slancio ai negoziati e aiuterebbe a controbilanciare il ruolo più debole che gli Stati Uniti saranno in grado di svolgere nei prossimi mesi a causa delle elezioni presidenziali e dell’insediamento della nuova amministrazione

Ultimo ma non meno importante, l’Italia ha una diplomazia che eccelle proprio nella capacità di condurre a buon fine i negoziati più difficili. Le prossime elezioni in Iran apriranno dunque una window of opportunity o al contrario chiuderanno la porta dei negoziati per molti mesi. E’ quindi nell’interesse di tutti che ogni sforzo sia compiuto. I modi spesso contano piu di ogni cosa – la capacità di mettere le parti a proprio agio e mostrare empatia con l’Iran potrebbe fare la differenza. C’è bisogno di un nuovo attore, benvenuto dall’Iran: all’inizio dei negoziati la stessa Teheran aveva per altro chiesto che Roma facesse parte del gruppo. Per queste ragioni, la partecipazione italiana al gruppo negoziale dovrebbe essere accolta con favore da tutti gli attori coinvolti.

Tuttavia, molti, sia in Italia che in Germania, legano la questione del 5 +1 o 5 +2 con la possibile ristrutturazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, rendendo pertanto ogni accordo più difficile. Per entrambi, l’inserimento tra i membri permanenti è questione fondamentale, ritenuta di elevato interesse nazionale. In questa luce, la domanda di inclusione nel gruppo 5 +1 diventa una questione che va ben al di là dei negoziati con l’Iran.

Tuttavia, le due questioni dovrebbero essere separate: sbloccare i negoziati con l’Iran dovrebbe essere considerato una priorità per qualsiasi paese occidentale; specie vista da Washington, dove l’Iran è un ossessione nazionale, l’opzione militare è infatti ancora una possibilità reale. Ogni controversia in materia tra gli europei è pertanto qui più che altrove sterile e controproducente.

Tanto più che, una volta che il Trattato di Lisbona entrasse in vigore – perchè ritengo che il no irlandese non debba bloccare la ratifica (leggi articolo)- la cosa più saggia da fare sarebbe quella di rimodellare il 5+1 a favore di una voce unica per l’Unione Europea, ad immagine del Quartetto per il Medio Oriente. L’Alto Rappresentante agirebbe non solo come un portavoce per l’intero gruppo negoziale, ma anche come rappresentante ufficiale dell’Unione Europea. Chiaramente vi sarà resistenza nei confronti di questa opzione da più parti – dentro come fuori l’Europa.

L’Italia potrebbe contribuire a questo dibattito e quindi contribuire a sbloccare la questione del team negoziale con l’Iran, rendendo chiaro che sarebbe disponibile a fare un passo indietro da un eventuale 5+2 il giorno che l’Unione Europea subentrasse. Ciò che si deve evitare a tutti i costi è una contesa fra attuali e possibili futuri negoziatori, che non farebbe altro che dimostrare all’Iran, che dopotutto, non vi è alcuna necessità di negoziare. 

rn

 
Federiga Bindi
Visiting Fellow, The Brookings Institution, Washington DC
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