Dunque il timore e lo smarrimento di chi non è mai uscito dall’Italia e si sente perduto vedendo tante facce straniere nelle strade e sugli autobus vale di più di tanti disperati che perdono la vita cercando di arrivare nel nostro paese.
Quello che intendo sottolineare però in questo articolo è il paradosso economico e il circolo vizioso che questo provvedimento rischia di creare.
Sul paradosso era evidente che la legge avrebbe tirato con sé una sanatoria per gli irregolari da tempo regolarmente al lavoro nel nostro paese. Non si capisce però perché le badanti e le colf sì e non tutti gli altri lavoratori stranieri impegnati nell’industria e nei servizi che reggono il sistema paese e gli consentono di competere con il resto del mondo. Non per nulla l’incongruenza è stata rilevata prima di tutto in ambienti industriali e la preoccupazione per il provvedimento espressa più volte su quotidiani come il Sole 24 Ore.
Il circolo vizioso in cui rischiamo di cadere preoccupa ancora di più. La bolla speculativa della paura (il mondo è molto più insicuro di prima) alimentata da sciocchezze statistiche (ogni giornale quando parla di delitti efferati dovrebbe prima premettere la loro rilevanza statistica) trova negli stranieri (tutti non solo quelli che delinquono) un capro espiatorio. Il problema di polizia si confonde con il problema dell’economia. Un periodo di stagnazione economica così lungo come quello che stiamo vivendo accresce (come dimostrato da molti lavori di ricerca) l’ostilità verso gli stranieri. Gli stranieri sono una minaccia alla sicurezza e ci tolgono il lavoro. Si promulga una legge che rende reato l’immigrazione clandestina senza una seria politica dei flussi che riconosce il contributo decisivo della forza lavoro straniera. Se applicata alla lettera la legge genera espulsioni di massa che mettono in crisi l’economia (i posti vuoti sono in settori nei quali la sostituzione da parte dei lavoratori italiani è scarsa o nulla) e alzano il costo del lavoro. E’ opportuno domandarsi a quante forze, non solo dell’opposizione ma anche e soprattutto della maggioranza, convenga una dinamica del genere.
Infine molti italiani non hanno gradito le riforme pensionistiche (a proposito è interessante notare che i provvedimenti più scabrosi o controversi vengono varati strategicamente quando gli italiani sono al mare o sono in procinto di andarci) che hanno allineato la situazione delle donne a quella degli uomini nel pubblico impiego e prevedono nei prossimi anni (ragionevolmente) di adattare l’età pensionabile alle variazioni dell’aspettativa media di vita della popolazione. Gli studi sulla felicità dimostrano chiaramente l’enorme eterogeneità tra chi non vede l’ora di andare in pensione (per lui la pensione aumenta la soddisfazione di vita) e chi viceversa perde la propria ragione di esistenza il giorno dopo il pensionamento. Bisognerebbe sfruttare di più quest’eterogeneità per consentire, entro ragionevoli limiti, la possibilità di scambiare “diritti pensionistici” per un numero limitato di anni tra individui diversi (attraverso lo Stato). Si può lavorare molto di più sulla volontarietà delle decisioni di uscita dal lavoro tenendo il sistema in equilibrio. Una sorta di cap and trade del tipo di quello pensato per lo scambio di emissioni di CO2.
rnCosa c’entra questo con i dolorosi problemi della legge sull’immigrazione? C’entra e molto. Date le proiezioni del nostro andamento demografico, del rapporto tra lavoratori e popolazione inattiva, le riforme approvate in questi giorni sono inevitabili per mantenere l’equilibrio. A meno che non si decida di accettare un numero molto più elevato di lavoratori stranieri regolari che pagano contributi ribaltando il rapporto tra lavoratori e popolazione inattiva contribuendo al riequilibrio dei conti. Vogliamo andare in pensione prima? Allora dobbiamo regolarizzare molti più lavoratori immigrati.