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Le previsioni di Banca d’Italia e dei maggiori centri studi economici disegnano un quadro a fosche tinte per l’Italia nel mezzo di una grave crisi finanziaria mondiale. Non paiono esserci dubbi sul fatto che dovremo convivere per due anni con la stagflazione (assenza di crescita e inflazione sostenuta).

Le previsioni di crescita del PIL sono infatti prossime allo zero e il tasso d’inflazione è ormai attorno al 4 percento (ancora più elevato se guardiamo al paniere dei beni di prima necessità) sospinto dalla crescita dei prezzi del petrolio e dei beni alimentari.
La crisi nasce da fattori internazionali ma si innesta su un sistema economico che nel corso degli ultimi anni è stato il meno dinamico d’Europa per le ben note difficoltà a cogliere la sfida della globalizzazione.
E’ una crisi che sta già cambiando le abitudini di consumo degli italiani, rivoluzionando le tradizionali distinzioni tra beni necessari e beni voluttuari. Alcuni dati singolari ci aiutano a capire le tensioni che ci prepariamo a vivere nel prossimo futuro. Le vendite di latte sono tra le poche non in calo e si impennano verso la quarta settimana del mese assieme a quelle di patate e cipolle. I dati ISTAT sottolineano al contempo che gli italiani non rinunciano al consumo di prodotti ormai necessari come i telefoni cellulari ma risparmiano sugli alimentari e sull’abbigliamento. La società Autogrill ha reso nota la tendenza, emersa nel corso dell’ultimo mese, dei consumatori a spostarsi verso i panini più economici.
Nelle famiglie che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese si usa meno la macchina e gli adulti cenano a caffellatte l’ultima settimana del mese (fa anche bene alla linea) magari per consentire ai figli la vacanza di studio. 
Cosa fare per superare la crisi ?
Dal punto di vista internazionale dobbiamo sperare che, come nella crisi precedente di fine anni 70, i prezzi petroliferi così elevati inneschino politiche di riduzione della dipendenza dal petrolio nelle abitudini dei consumatori e nelle scelte produttive. Questo elemento, assieme alla convenienza allo sfruttamento di giacimenti più costosi fuori dai paesi OPEC, dovrebbe spingere il cartello a indirizzare il prezzo verso una forchetta più bassa per evitare riduzioni di profitti future. Dobbiamo sperare inoltre che la valuta cinese venga lasciata libera di apprezzarsi divenendo antidoto naturale all’eccessivo vantaggio competitivo delle merci di questo paese, ormai anch’esso preoccupato dalle conseguenze dell’enorme afflusso di capitali che rischia di generare dinamiche di inflazione non più controllabili. Dobbiamo in fine sperare che gli Stati Uniti risolvano una crisi finanziaria gravissima vincolando per il futuro il mercato dei derivati (soprattutto quelli sul credito) a regole più severe.
Quanto alla politica interna è necessario aggredire le componenti interne dell’inflazione riducendo il costo dei servizi pubblici e riducendo il grado di oligopolio in alcuni settori. A livello microeconomico abbiamo bisogno di tutte le migliori pratiche di microfinanza, e dell’esperienza di banche etiche e imprese di terzo settore che da anni lavorano su questi problemi, per evitare che il disagio delle classi meno abbienti precipiti le stesse in una spirale di indebitamento e di usura con costi sociali elevatissimi per tutto il paese.
 
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