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In questa fase delicata della vicenda Alitalia, mi sembra necessario, finché si è ancora in tempo, riflettere su una questione di fondo, a mio parere troppo presto accantonata. Prima della scelta del partner, la vera questione riguarda la scelta tra vendere o risanare.

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La domanda allora diventa: siamo proprio sicuri che vendere sia la strada giusta, nel medio-lungo periodo?
Da economista sono molto perplesso sulla linea di politica economica (che anche questo governo sposa in pieno) che lega efficienza a capitali privati. Vorrei sapere su quali libri di testo di buona teoria economica è scritto che solo la proprietà privata dei capitali è garanzia di buona efficienza di un’azienda. Senza poi considerare che si vuol vendere Alitalia ad una compagnia con ancora una significativa presenza del governo francese nella proprietà (circa il 20%). Inoltre importanti imprese italiane (tra cui l’ENI) è un esempio di una impresa controllata dal governo, ma efficiente nel panorama mondiale. La Francia, inoltre, sta sviluppando una economia di mercato molto interessante, dove alla globalizzazione dei mercati fa da controcanto un’azione attenta e attiva del governo (si veda il caso Enel) nell’economia. Ma siamo proprio sicuri che Keynes sia da mettere in soffitta? Il mercato è indispensabile, ma anche la politica e le istituzioni sono attori importante del mercato, non solo come arbitro, ma anche come soggetto attivo e come proprietario.
Strategicamente il mercato aereo è destinato inesorabilmente a crescere, in Italia in modo particolare, per la sua conformazione geografica (ponte sul mediterreneo, sviluppo territoriale verticale, grandi isole …), e per la sua vocazione turistica e culturale.
Perché allora non tentare davvero (non come si è fatto finora) un forte risanamento con nuovi managers e cda (ma davvero nuovi e internazionali): vendere o svendere è sempre più facile, ma quasi mai risulta essere la scelta migliore, soprattutto in un settore come quello in cui opera Alitalia.
Abbiamo bisogno di maggiore capacità di futuro, di rischiare, di progetti, di ottimismo. Senza questi ingredienti, oggi con Alitalia, domani con altri "gioielli di famiglia", il nostro Paese si avvia verso la periferia non solo economica, ma anche culturale dell’Europa e del mondo. Senza speranza nel domani non c’è futuro, né economico né civile.
 
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