Sul primo punto la global govenance è urgente e necessaria per superare l’asimmetria della globalizzazione di mercati globali ed istituzioni e regole che restano prevalentemente nazionali.
La globalizzazione ci rende sempre più interdipendenti e rende praticamente impossibile disinteressarsi dei problemi di altri paesi un tempo lontani: simul stabunt simul cadent.
Solo per fare alcuni esempi ci sono almeno sette fondamentali elementi di interdipendenza tra sistemi economici e finanziari: i) la crisi del debito americano è un problema che riguarda non solo quel paese ma i risparmiatori di tutto il mondo che in esso investono e tra i primi grandi stati come la Cina che ha investito in titoli del tesoro una parte consistente delle proprie riserve; ; ii) la crisi del debito greco e il probabile abbattimento del valore nominale dei titoli pubblici del paese (tra il 20 e il 60 percento) comporterà serie perdite sui bilanci delle banche francesi e tedesche che maggiormente avevano investito in tali attività finanziarie; iii) la presenza di un’enorme massa di poveri e diseredati a livello mondiale, disposti a lavorare a salari molto più bassi di quelli dei nostri lavoratori di pari qualifica, tutelati e sindacalizzati, rappresenta una minaccia formidabile al mantenimento dei livelli di benessere dei paesi ad alto reddito; iv) l’uscita dall’euro comporterebbe danni gravissimi non solo per paesi del Sud ma anche per la stessa Germania che per anni ha goduto del vantaggio di poter esportare le proprie merci sul mercato dei paesi dell’eurozona senza il costo dell’apprezzamento del proprio tasso di cambio; v) il coordinamento delle banche centrali è oggi sempre più importante in un mondo globalmente integrato e i paesi emergenti hanno lamentato più volte recentemente che le politiche monetari espansive delle banche centrali americane ed europea (quantitative easing) hanno esportato inflazione nei loro paesi; vi) da tempo nelle riunioni del G-20 si cerca di coordinare le politiche dei paesi in deficit e di quelli in surplus cercando di esortare i secondi ad adottare politiche più espansive per rilanciare la domanda a livello mondiale.
C’è una grande tavola imbandita con commensali che hanno a disposizione dei lunghissimi cucchiai. La differenza tra inferno e paradiso in questa nota storia è che nel primo caso i commensali usano i cucchiai per tentare goffamente di imboccare se stessi senza riuscirci mentre nel secondo caso li usano per imboccarsi l’un l’altro. E’ proprio questa la situazione di fronte alla quale si trovano gli stati nazionali nei mercati globalmente integrati. Cercare di perseguire il proprio interesse miope di breve periodo diventa persino controproducente perché è soltanto cooperando tutti insieme che si può uscire dalla crisi.
Sul secondo punto (le regole dei mercati finanziari) il documento fa proprie alcune proposte già lanciate dalla legge Dodd-Frank negli Stati Uniti e dalla commissione Vickers nel Regno Unito, non ancora implementate ed entrate in vigore per vari ostacoli.
E’ fondamentale riportare la finanza al servizio dell’economia reale. Per far ciò è necessario:
i) ridurre la leva delle banche troppo grandi per fallire (leva di 30 a 1 e squilibrio tra passività a breve e attività a a lunga sono tra le principali cause della propagazione della crisi dei mutui subprime a livello mondiale).
ii) adottare la cosiddetta Volcker rule che impedisce alle banche di fare trading in proprio con i depositi dei clienti.
iii) regolamentare in modo più severo il mercato dei derivati che nascono come strumenti assicurativi. Nell’economia reale le polizze assicurative si acquistano se si è in possesso dell’attività sottostante da assicurare mentre sui mercati finanziari questo avviene in non più del 5 percento dei casi. Esiste a questo proposito una proposta dell’UE per raggiungere tale obiettivo per quanto riguarda i credit default swaps sui titoli di stato.
Una quarta proposta riguarda l’istituzione di una tassa sulle transazioni finanziarie per i motivi illustrati nel paragrafo che segue.
E’ opportuno interrogarci sul perché la posizione degli economisti e della società civile (a maggioranza favorevole nell’UE) nei confronti della tassa sulle transazioni finanziarie è cambiata radicalmente nel corso degli ultimi anni. Lo scorso anno 130 economisti italiani hanno firmato un appello in suo favore che è poi confluito nell’analogo appello di 1000 economisti i di 53 Paesi consegnato ai ministri finanziari dei Paesi del G20 in occasione del vertice svoltosi a Washington il 14 e 15 aprile 2011 (tra i firmatari ci sono figure di primissimo piano come Dani Rodrik, Tony Atkinson, Joseph Stiglitz e Jeffrey Sachs).
Un’altra obiezione che appare infondata è quella dell’impatto della tassa sul costo del capitale. Per l’aliquota fissata dalla proposta Barroso i calcoli fondati sui modelli di capitalizzazione dei valori futuri attesi degli asset dimostrano che questo costo è pressochè nullo (vedasi ancora Matheson 2011). L’altra obiezione che la tassa diminuisca la liquidità dei mercati è anch’essa opinabile. Di quanta liquidità abbiamo bisogno ? Dean Baker in un suo commento sul tema dice che la tassa ci riporterebbe ai costi di transazione e alla liquidità di dieci anni fa, ovvero ad un periodo più florido di quello che stiamo vivendo. La verità è che non esiste nessun evidenza certa sugli effetti della tassa sulla liquidità ma solo una serie di diversi modelli che trovano risultati opposti a seconda del tipo di microstruttura dei mercati finanziari e del modello di competizione ipotizzato tra gli intermediari.
Riassumendo le quattro principali obiezioni all’istituzione della tassa (non si può imporre se non a livello globale, non ci sarebbe gettito per la fuga dei capitali, la tassa aumenta significativamente il costo del capitale, la tassa riduce la liquidità dei mercati) sono false o infondate o per l’evidenza dei fatti (le prime due) o per mancanza di prove (le seconde due).
Per quanto esposto sopra la tassa sulle transazioni (pur non essendo ovviamente la panacea di tutti i mali) può rappresentare una tappa importante in quel riequilibrio dei rapporti tra istituzioni e finanza che può favorire le altre riforme auspicate per prevenire nuove crisi finanziarie dalla legge Dodd-Frank o dalla commissione Vickers nel Regno Unito (Volcker rule, riduzione della leva degli intermediari too big to fail, penalizzazione nei requisiti di capitalizzazione per le attività più rischiose rispetto al credito ordinario) e il recupero di fiducia da parte della società civile nei confronti delle istituzioni finanziarie di cui abbiamo urgente bisogno.