In un famoso articolo pubblicato nel 1986 sul Wall Street Journal, due economisti americani, Barro e Stockman, spiegavano ai lettori come l’unico condono in grado di funzionare efficacemente, non potrà che essere anche l’ultimo. Se infatti gli evasori si dovessero aspettare un ulteriore condono, di lì a qualche anno magari, perché mai dovrebbero decidere di aderirvi oggi? Magari perché il governo promette che dopo questo condono ci sarà un inasprimento delle pene, un incremento dei controlli e che non ci saranno mai più altri condoni.

Ma quanto sono credibili queste promesse? Quanto parole al vento. Questo è un problema ben noto agli economisti, che lo chiamano “incoerenza temporale”, e in soldoni significa che io oggi faccio una promessa e su tu ci credi, allora automaticamente, io domani preferirò cambiare idea… rn

L’11 novembre 2005 l’allora ministro delle finanze Giulio Tremonti, prometteva solennemente che in Italia non ci sarebbero stati più condoni fiscali; qualche giorno fa, il 16 luglio 2009, l’attuale ministro dell’economia Giulio Tremonti illustrava alla stampa i dettagli del nuovo condono fiscale che riguarderà non solo coloro che hanno portato illecitamente capitali all’estero, ma anche chi ha commesso reati come bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, ricettazione e riciclaggio.  

E delle promesse che ne è stato? In questi anni l’evasione è aumentata e le pene sono state ridotte. Anche l’aliquota da applicare ai capitali che vengono riportati in Italia è scesa al 5% rispetto all’ipotesi originaria del 7%. 

Ma perché allora si continua con i condoni? Forse perché nonostante tutto funzionano. Non proprio. La Corte dei Conti ha recentemente pubblicato uno studio sui “Risultati e costi del condono” dal quale si evince che in occasione dell’ultimo condono del 2003, gli evasori hanno evaso anche il condono! Risultato: 5 miliardi di euro di minori entrate rispetto al previsto. A conti fatti, le probabilità che questo nuovo condono faccia meglio, sono praticamente pari a zero. 

Ma c’è anche un altro aspetto da non sottovalutare. Un’economia non funziona solo se ci sono imprese e capitali finanziari in quantità, occorre anche una cultura che supporti, con valori e norme sociali, il funzionamento del sistema economico. Trasparenza, fiducia, certezza del diritto sono alcuni dei pilastri su cui un sistema economico efficiente deve fondarsi. 

La crisi economica che stiamo vivendo ci spiega dolorosamente come scelte che in qualche modo indeboliscano questi pilastri non possono non avere nel medio-lungo termine, al di là degli effetti immediati, ricadute certamente negative. Chiediamoci allora ogni euro portato a casa subito con un condono, quanti euro futuri ci costa in maggiore evasione da parte di chi vede come vengono trattati adempienti e inadempienti?

Ma questo è un problema noto, è la difficoltà della classe politica di guardare oltre il ciclo elettorale. Ma i cittadini?

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Questo articolo è apparso su Cittanuova n.14/2009
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