l’esaurimento delle risorse pubbliche disponibili per l’emergenza clima, l’esplosione del numero dei disoccupati nei paesi occidentali, un aumento impressionante di debito pubblico che fa seguito alle misure che gli stati (soprattutto USA e Regno Unito) hanno dovuto mettere in campo per salvare le loro banche. Un debito che ci condanna in futuro a più inflazione o a un lunghissimo periodo di politiche di bilancio restrittive. Per l’economia l’equivalente dei danni che avrebbe potuto provocare una guerra mondiale. La crisi equivale alla perdita di una “guerra mondiale economica” dove gli sconfitti sono innanzitutto i paesi anglosassoni, poi la vecchia Europa e i vincitori (questa la parte positiva) sono la Cina, l’India e persino l’Africa che accelerano il loro processo di convergenza.
L’utopia deresponsabilizzante per la quale basta che ciascuno faccia i propri interessi e poi la mano invisibile (o le istituzioni benevolenti) riconciliano magicamente tale interesse con il benessere della collettività è totalmente falsa oltre che deresponsabilizzante e dannosa.
Tutti sanno che la mano invisibile non ha funzionato e che i disastri accaduti sono stati causati dai mercati finanziari abbandonati a se stessi dove centinaia di migliaia di operatori (anche quelli specializzati) che seguono regole di gregge hanno ignorato che la scommessa delle cartolarizzazioni sul credito si reggeva su una pericolosa bolla nel settore immobiliare e non hanno tenuto conto della più elementare e basilare regola della finanza per la quale attività finanziarie che rendono molto devono necessariamente essere anche molto rischiose (gli operatori specializzati erano sbalorditi e perfettamente coscienti dell’anomalia di titoli cartolarizzati che rendevano due/tre punti percentuali in più rispetto ai rendimenti dei titoli veramente sicuri di pari classe di rating). Tutti si sono passati la bomba con la miccia accesa sperando che la festa continuasse e che la stessa scoppiasse nelle mani di qualcun altro.
Chi dice che in fondo le regole e i regolatori non sono poi così importanti non conosce il mondo delle banche e l’importanza fondamentale delle loro regole di capitalizzazione. E non sa o finge di ignorare che nei paesi nei quali la vigilanza bancaria (tra i quali l’Italia e la Spagna) ha fatto il proprio dovere vigilando su alcune questioni basilari le banche non sono fallite.
rnIl pericolo in assoluto più grave oggi è quello culturale. Quello di chi ci vuol convincere che questo è un errore di percorso e che nulla è veramente cambiato. Chi in nome della difesa del mercato difende lo statu quo, invece di puntellarlo doverosamente promuovendo la cultura della responsabilità e delle buone regole, rischia di distruggere definitivamente i suoi importanti meccanismi.