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Puntuale come lo scioglimento del sangue di S. Gennaro (i Napoletani mi perdoneranno il paragone), in questi giorni si sta manifestando il miracolo del “calabrone che vola”. Come molti ricorderanno, questa frase fu coniata alcune decine di anni fa, quando il nostro Paese aveva saputo attuare la ricostruzione post-bellica, introdurre e rafforzare il sistema di sicurezza sociale, svilupparsi, rimanere tra i G8 nonostante tutti gli indicatori economici o la maggior parte di essi fosse negativa. rnrnrnrnrn

In sostanza, per molti economisti e organismi internazionali gli indicatori economici davano un responso simile a quello degli indicatori aerodinamici, secondo cui il calabrone non potrebbe volare, eppure vola. Anche in questi giorni si verifica un fenomeno analogo poiché l’Italia che negli ultimi 15 anni ha aumentato la produttività a livelli inferiori ai maggiori Paesi sviluppati o in via di sviluppo, che ha accumulato un deficit pubblico enorme, che non ha attuato le riforme istituzionali, delle scuole, del sistema pensionistico, che non ha attuato i piani per le grandi infrastrutture o è rimasta addirittura al palo, che in molte classifiche di organismi internazionali figura sempre nelle posizioni di retroguardia, sta uscendo dalla crisi più rapidamente di quanto previsto e in prima linea, secondo quanto dichiarato nei giorni scorsi dal Governatore della Banca Centrale Europea e dall’OCSE.rn

Di fronte a questa situazione, occorre allora cambiare prospettiva e adottare il principio secondo cui “non è difficile rispondere, è assai più difficile fare le domande giuste”. In questo caso la domanda errata (e le analisi errate) è questa: l’Italia è in linea con le tendenze, i parametri, i criteri di altri Paesi definiti virtuosi dagli organismi economici internazionali? La risposta è evidentemente no. La domanda giusta sarebbe invece: perché l’Italia sa resistere e reagire meglio di altri paesi a diverse situazioni economiche gravi? La risposta verrebbe da sé.

Primo. Secondo una recente indagine pubblicata dall’Economist, tra il Giugno 2008 e il giugno 2009, l’Italia figura al 22° posto in termini di caduta del PIL, mentre, sorprendentemente figura all’8° posto per ricchezza pro-capite disponibile. Nello stesso periodo i consumi sono caduti solo dell’8%, contro cifre ben più alte di altri Paesi. Segno che gli Italiani sembrano a volte fare gli sbruffoni ma poi hanno un occhio ben attento ai rischi del futuro e conservano riserve di ricchezza per affrontare i periodi di vacche magre, magari sfruttando il calo dei prezzi per permettersi qualche bene di lusso che in tempi normali possono solo sognare.

Secondo. Nonostante molti analisti dicano (non ho dati per verificare questa affermazione) che “le banche non fanno più le banche e prestano a fatica denaro e garanzie alle imprese”, molte piccole e medie imprese non solo non hanno licenziato o hanno licenziato poco, sfruttando la cassa integrazione, e rispondendo anche agli appelli della Confindustria, ma hanno “tirato fuori” denaro fresco dalle proprie tasche per fare investimenti e ristrutturazioni. Molte imprese familiari che in passato avevano accumulato utili nel patrimonio di famiglia, hanno avuto il coraggio imprenditoriale che sembra essere mancato alle banche, secondo le denunce quotidiane delle varie associazioni industriali per prendere parte del patrimonio di famiglia e immetterlo come patrimonio dell’impresa. Molti di loro hanno fatto un ragionamento che senza dirlo è di grande responsabilità sociale. Senza essere ricchi o straricchi, abbiamo accumulato ricchezza sufficiente per vivere bene la nostra vecchiaia, per mettere a posto figli, o anche nipoti, tanto vale rischiare per rilanciare l’impresa di famiglia.

Terzo. Forse, in questa decisione c’è stata anche un po’ di furbizia italiana, ossia sono stati utilizzati un po’ di soldi accumulati in nero o all’estero e ora, anche grazie allo scudo fiscale, i soldi tornano nel ciclo produttivo. Qualcuno può avanzare dubbi sul piano etico, ma nel concreto si tratta di risorse che sono tornate nel circolo produttivo e dei consumi.

Quarto. I lavoratori italiani sono molto più flessibili delle “leggi italiane sul lavoro” ed ho la quasi certezza che in questo periodo nero, molti si siano dati da fare, abbiano contribuito alla ripresa in modo molto superiore a quello che gli indicatori economici rilevano, spesso con ritardo.

Si potrebbero portare tanti altri esempi ma è sufficiente concludere in questo modo.

In media l’italiano e, di conseguenza, l’Italia, ha molto più chiaro di altre popolazioni il punto in cui esiste il baratro e, quindi, molte volte sembra avvicinarsi ad esso ma resta sempre a distanza di sicurezza. Dall’altra parte sembra sempre dare l’impressione della cicala che sperpera senza pensare al futuro, mentre ha in sé una componente di formica che, mentre la parte della cicala canta, accumula risorse per i tempi peggiori. Quando meno te lo aspetti, ecco il miracolo: la cicala diminuisce il suo cicalio e la parte della formica tira fuori le risorse reali, non quelle finanziarie su cui si è costruita e distrutta la ricchezza di molti altri Paesi. Forse è questa la spiegazione del perché il “calabrone Italia” continua a volare.

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