In tempi di riforma, è sempre interessante dare un’occhiata anche a come funzionano i sistemi di distribuzione delle competenze e delle risorse tra diversi livelli istituzionali in altre realtà territoriali non italiane. Per lavoro, mi trovo ad osservare da vicino il mondo degli enti locali del Cantone Ticino. Da sempre indicata come uno dei migliori esempi di “federalismo reale”, la Svizzera può fornire qualche stimolo alla discussione.
Innanzitutto, è utile dare qualche coordinata per inquadrare il Cantone Ticino. Cantone tra i 26 che compongono la Confederazione Elvetica, ha una popolazione complessiva di circa 325’000 abitanti ed un territorio prevalentemente montano. Attualmente i comuni del Cantone sono 181[1]. Dal 1995, anno in cui se ne contavano 245, si è proceduto ad una radicale riforma, ancora in corso, che ha portato alla fusione di molti comuni in enti di maggiori dimensioni. Degli attuali comuni, il più grande è Lugano, con circa 51’000 abitanti, seguito da Bellinzona con 17’000 e Locarno con 15’000. Il Comune più piccolo ancora autonomo è Corippo con 16 abitanti, uno dei 17 comuni che non raggiungono i 100 abitanti. Complessivamente, l’80% dei comuni ha meno di 2’000 abitanti.
Per il finanziamento delle proprie attività, il comune può contare sulle seguenti voci di entrata principali:
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- un’imposta sul reddito e sulla sostanza (patrimonio) delle persone fisiche;
- un’imposta sull’utile e sul capitale delle persone giuridiche;
- un’imposta immobiliare;
- un’imposta personale;
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Le prime due voci sono imposte che vengono prelevate direttamente dal Cantone. Per quanto di sua competenza, il Cantone applica sulla base imponibile, calcolata a livello di singolo comune, un sistema di aliquote progressive. Per le persone fisiche, l’imposta sul reddito adotta aliquote che vanno dallo 0,153% al 15,076%, mentre l’imposta sulla sostanza ha aliquote tra l’1 ed il 3,5‰. Per quanto riguarda le persone giuridiche, l’imposta sull’utile applica un aliquota del 9%, mentre l’imposta sul capitale ha un’aliquota pari all’1,5‰ del capitale imponibile.
Sulla base del gettito fiscale cantonale, viene calcolata l’imposta comunale. Ogni comune, infatti, stabilisce annualmente una percentuale, chiamata “moltiplicatore”, del gettito dell’imposta cantonale maturata all’interno dei propri confini che viene prelevata dall’autorità fiscale cantonale e riversata al comune. Di norma, tale percentuale si stabilisce tra il 50 ed il 100%, ma nulla vieta al comune di compiere una scelta diversa nell’ambito della propria autonomia.
Dunque, ad un contribuente che ha un reddito di 100’000 ed un patrimonio di 250’000, il Cantone preleverà un’imposta sul reddito pari a 12’681 (applicando un’aliquota del 12,681%) ed una sul patrimonio di 500 (corrispondente ad un’aliquota del 2‰). Se il comune dove risiede ha fissato un moltiplicatore pari al 75%, alle somme calcolate sopra si dovrà aggiungere un ulteriore 75%, arrivando quindi a pagare in totale 22’191,75 sul reddito e 875 sul patrimonio.
L’imposta comunale è, insomma, una sorta di addizionale che può arrivare a raddoppiare l’imposizione cantonale per i singoli contribuenti.
Le entrate provenienti dall’applicazione del moltiplicatore rappresentano la parte preponderante delle imposte comunali, pari a circa il 94%[2]. Le altre due imposte, infatti, hanno un gettito ben più contenuto.
L’imposta immobiliare comunale viene calcolata applicando un aliquota dell’1‰ al valore di stima ufficiale (l’equivalente del “valore catastale” italiano) degli immobili di proprietà o in usufrutto. L’imposta personale, invece, è data dalla corresponsione di una cifra fissa di 20 Franchi (pari a circa 13 euro) da parte di ciascuna persona residente che abbia compiuto il ventesimo anno di età.
Nel complesso, le imposte di competenza del comune rappresentano una quota pari al 64% delle entrate complessive[3]. Altre voci rilevanti sono i ricavi generati dall’attività amministrativa (ad esempio, bolli, tariffe, ecc.) pari al 14% ed i “Redditi della sostanza” (6,3%), relativi ai ricavi ottenuti dalla valorizzazione del patrimonio comunale (quindi, affitti, interessi attivi sui depositi bancari, ecc.). Vi è poi la voce dei trasferimenti perequativi, provenienti dal Governo cantonale (perequazione verticale) e dai comuni più ricchi (perequazione orizzontale) che conta per un altro 10%.
Guardando alla sola gestione corrente, dunque, i comuni ticinesi possono contare su entrate annuali in media pari a circa 4’400 Franchi pro-capite (equivalenti a circa 3’000 euro). Se confrontiamo questa situazione con quella italiana, scopriamo che le entrate correnti pro-capite dei comuni italiani ammontano a 852 euro[4].
La differenza è sicuramente notevole: si tratta di un ordine di grandezza significativamente diverso. Il confronto tra queste due ultime cifre ci dà l’idea di quanto manchi al sistema italiano per potersi dire realmente un sistema “federale” o “delle autonomie”, a maggior ragione se consideriamo che le competenze amministrative attribuite dalla legge ai comuni italiani possono essere considerate per molti versi più cospicui rispetto a quelle attribuite ai comuni ticinesi.
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[1]Fonte: Ufficio di statistica (USTAT) – Repubblica e Cantone Ticino (www.ti.ch/USTAT) – Dati aggiornati al 20.4.2008.
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[2] Nostra elaborazione su dati della Sezione degli Enti locali – Repubblica e Cantone Ticino (www.ti.ch/sel) – Dati riferiti all’anno 2006.
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[3] “I conti dei comuni nel 2006”, estratto della rivista dell’Ufficio di statistica “Dati – statistiche e società” a cura di J Derighetti e D. Baroni della Sezione Enti Locali, giugno 2008.
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[4] ISTAT, “I bilanci consuntivi delle amministrazioni comunali (anno 2006)”, Statistiche in breve, 8 maggio 2008.
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