I credit default swap sono contratti attraverso i quali il prestatore può garantirsi in anticipo dal rischio di insolvenza del debitore con un assicuratore, pagando un premio assicurativo e ricevendo un rimborso in caso di fallimento del debitore stesso. Il contratto con cui questo avviene, come accade per ogni strumento derivato, ha una vita propria e un suo prezzo molto volatile. Finisce dunque per essere comprato e scambiato e passare per le mani di molti altri intermediari solamente interessati a guadagnare sulla differenza di prezzo sullo stesso da un momento all’altro del tempo. Una conseguenza di ciò è che il tradizionale incentivo del prestatore a monitorare la solvibilità del debitore si attenua in quanto lo stesso si è in parte separato dalle conseguenze della mancata restituzione con il contratto di assicurazione.
Molti dei debitori dietro i contratti derivati di cui parliamo sono individui senza garanzie che stipulano mutui per comprare la propria abitazione ponendo a garanzia il valore stesso dell’abitazione sperando che i prezzi degli immobili (già in bolla) continuino a crescere. I prestatori, pur di fare volumi, hanno ritenuto non troppo rischiosa questa scommessa. Per spezzettare ulteriormente il rischio singoli contratti sono stati impacchettati con altri in prodotti più complessi così da rendere quasi impossibile comprendere il vero rischio associato ai debitori sottostanti.
Oggi le maggiori banche d’affari internazionali hanno volumi di questi prodotti molto superiori a quelli delle risorse proprie e senza l’ossigeno delle banche centrali il sistema rischia di collassare. Perché ? La risposta è semplice. Le scommesse sui derivati non si fanno con risorse propr ie. Su cento dollari di scommessa la somma effettivamente posta a garanzia dai giocatori può non superare i 2 o 3 dollari.
Viviamo nella più totale irresponsabilità. Lo stesso quotidiano può ospitare due diversi tipi di articoli. Nelle prime pagine una riflessione preoccupata sulla crisi finanziaria in cui ci si interroga sulla componente speculativa degli attuali prezzi del petrolio e delle materie prime agricole, ospitando l’opinione rassicurante dell’esperto che garantisce che la speculazione non c’entra nulla. Nelle pagine dell’inserto di finanza, un’ intervento che ragiona sui trend dei prezzi petroliferi e consiglia di continuare ad investire per realizzare guadagni a breve ragionando sugli “obiettivi dei prezzi” dei prossimi giorni o mesi.
Chiunque ha una minima esperienza di trading sui mercati finanziari sa benissimo che la larghissima maggioranza degli operatori utilizza l’analisi tecnica più di quella fondamentale e che esistono delle vere e proprie “convenzioni al rialzo o al ribasso” che esasperano le dinamiche fondamentali dell’economia perché è in queste situazioni che gli intermediari guadagnano di più. Insomma esiste un valore fondamentale determinato dalla domanda e dall’offerta ma le dinamiche dei prezzi alimentate dai seguaci dell’analisi tecnica sono delle “altalene attorno al fondamentale”. Non per niente uno degli elementi più importanti nella strategia di tali operatori è la cosiddetta “stop loss”, ovvero quella regola meccanica che consente di uscire dalla posizione appena c’è un sentore di inversione del trend. Passando ad un altro settore critico, la Banca dei Regolamenti Internazionali sottolinea come il volume dei derivati sul petrolio è raddoppiato in un anno mentre il prezzo forward ha superato quello di oggi indice del fatto che, mentre prima della salita dei prezzi i venditori di greggio cercavano di vendere in anticipo garantendosi dal rischio di ribasso dei prezzi, oggi fanno esattamente il contrario vendendo a distanza di tempo per poter speculare sull’aumento futuro del prezzo. Nella finanza moderna l’“accaparramento delle scorte” funziona così e quindi il fatto che non ci siano “magazzini pieni di grano” non vuol dire nulla.
Nella letteratura scientifica tradizionale due dei maggiori benefici sociali della finanza sono quelli di fornire liquidità al sistema economico e suddividere (parcellizzare) il rischio tra i diversi operatori. I fatti di questi mesi stanno mettendo in crisi proprio questi due capisaldi. I tassi sull’interbancario che regolano gli scambi tra le banche sono eccezionalmente elevati, ad indicare una crisi di fiducia dettata dall’incertezza della solidità finanziaria delle controparti. La parcellizzazione del rischio non ha portato ad una riduzione di quello in carico a ciascun soggetto ma al suo opposto a causa di un repentino aumento di rischio sistemico che ricade sulle spalle di tutti.
Se come sosteneva Smith nella “Teoria dei sentimenti morali”e come confermano molti degli odierni studi sulla soddisfazione di vita, c’è un legame importante tra felicità e responsabilità, intesa come capacità di rendere felici gli altri, la finanza, per essere meno infelice, può e deve fare due importanti passi: rendere non più possibile fare scommesse senza soldi propri (agendo su margini, sulla capitalizzazione degli intermediari bancari e non, sulle regole di brokeraggio, ecc.) e creare un solido ponte tra finanza e solidarietà. Da questo punto di vista, tornando a derivati, microcredito e adozioni, se una percentuale irrisoria dei volumi (effettivi e non nozionali) di cui abbiamo parlato fosse destinata ad investimenti sociali la società e la soddisfazione di vita degli operatori non ne trarrebbero giovamento ?
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