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Una recente indagine di Ilvo Diamanti sui rapporti tra etica e finanza svolta su di un campione rappresentativo di cittadini italiani ha messo in risalto come in realtà esistano due livelli di percezione relativi a questi concetti. rn

Una cerchia più ampia di cittadini (che sfiora il 60 percento) è alla ricerca di istituzioni finanziarie etiche intendendo con il termine istituzioni trasparenti, meritevoli di fiducia e che, nel fare profitti si preoccupino attraverso questi di generare benefici (o perlomeno di non creare danni) alla collettività.

Si potrebbe sostenere cinicamente che per questo insieme più ampio di individui l’etica resta legata fortemente ad una componente di autointeresse in quanto vorrebbe essere, in un certo senso, la garanzia di un comportamento delle organizzazioni tale da non danneggiare gli interessati. 

Per un insieme più ristretto (circa il 30 percento) il termine etica include quelli di solidarietà, di responsabilità sociale e la possibilità di indirizzare la propria attenzione verso progetti di valore sociale ed ambientale anche quando questi non hanno effetti diretti ed immediati sul proprio benessere.

Eppure sentiamo talvolta assimilare istituzioni ed organizzazioni agli oggetti dicendo che esse non possono essere di per sé etiche in quanto lo sarebbero solo le persone.

Interpretando questa posizione in senso più profondo in essa si afferma in sostanza un principio condivisibile e liberante (la superiore importanza delle persone rispetto alle organizzazioni di cui fanno parte) che viene però portato ad una conseguenza estrema. Se è vero che i comportamenti delle organizzazioni sono il risultato dei comportamenti dei membri che ne fanno parte, è altrettanto evidente che le prime hanno in un certo senso una vita propria ed una propria eticità.

Le organizzazioni hanno prassi, routine e regole create internamente o rese vincolanti dall’esterno, che i membri devono rispettare se vogliono evitare sanzioni morali, pecuniarie o in termini di riduzione di prospettive di carriera. In un certo senso, anche quando guardiamo soltanto alle regole informali e non scritte e dunque più facili da modificare, le istituzioni e le loro regole sono la cristallizzazione di comportamenti rutinari di individui e come tali non possono essere cambiate per la semplice decisione del singolo di fare altrimenti.

Quando dunque si parla di etica di istituzioni, imprese, banche ed organizzazioni non si parla evidentemente solo della somma dei principi morali dei loro componenti ma dei comportamenti posti in atto delle organizzazioni stesse che i singoli possono solo molto lentamente cercare di modificare.

I sociologi concordano ormai da tempo su questa via di mezzo: i singoli non sono totalmente determinati nei loro comportamenti dalle strutture di cui fanno parte ma non sono neanche totalmente liberi di fare quello che vogliono all’interno delle strutture nonché capaci di indirizzare le stesse secondo i loro desideri. I singoli possono cambiare le organizzazioni ma solo lentamente e coagulando il consenso dei loro simili verso il cambiamento desiderato.

L’evoluzione dell’interazione tra operatori economici ed istituzioni conforta questa visione. Quando osserviamo che un dollaro su otto di quelli affidati a gestori professionali sul mercato di borsa americano viene investito seguendo regole di valutazione sociale, che ormai la maggioranza delle imprese cerca di rendere palese il proprio grado di responsabilità sociale o i cittadini votano col portafoglio dando importanza nei loro acquisti alla responsabilità sociale delle imprese stiamo dicendo che il mercato sta andando sempre di più nella direzione di esprimere giudizi di valore sull’eticità delle organizzazioni e non sulla “bontà” dei singoli dipendenti delle stesse.

Esistono organizzazioni, imprese, banche più o meno etiche (ovviamente sapendo che ci sono differenze nelle scale di valori tra culture e religioni diverse e tali scale fonderanno il giudizio etico) ? Assolutamente sì, ed è possibile valutare il loro grado di responsabilità (come fanno tutte le agenzie di rating sociale sparse nel mondo) osservando il loro sistema di regole, di obiettivi perseguiti e di comportamenti effettivi sul mercato. L’eticità delle organizzazioni va ovviamente fatta risalire alla storia delle scelte collettive di coloro che ne hanno fatto o ne fanno parte (in questo senso l’etica è delle persone), ma la loro eticità esiste e si palesa concretamente. I singoli possono cambiare l’etica delle organizzazioni ma il loro successo, che consiste nel modificare le regole formali approvate internamente, le consuetudini informali e le regole imposte dall’esterno, è un’impresa titanica.

Riprendendo un’espressione del pensiero della Chiesa le “strutture di peccato” esistono anche se non bisogna farsi schiacciare da esse ed avere sempre l’ottimismo di poterle modificare.

 Se la storia ufficiale identifica in alcuni uomini la capacità di modificare importanti organizzazioni, la storia non scritta ci dice che esistono molti uomini silenziosi che hanno sofferto la tensione tra i loro valori e quelli dell’organizzazione nella quale hanno prestato la loro opera (per un Gorbaciov che ha cambiato il partito comunista sovietico quanti altri avrebbero voluto e non ci sono riusciti ?).

Se le organizzazioni oggi tengono sempre di più a proclamare la loro eticità, starà poi sempre ad altri, ed oggi sempre di più in primo luogo ai cittadini e al mercato, giudicare le loro esternazioni.

rn

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