Il Mezzogiorno rappresenta un problema, ma al tempo stesso è anche una soluzione o meglio una grande opportunità per il bene di tutti. Per crescere di più nel suo insieme l’Italia ha bisogno dello sviluppo del Mezzogiorno. Nel Sud c’è un grande divario tra le risorse disponibili (umane, ambientali, relazionali) e i risultati effettivamente conseguiti. Ciò a motivo sia del sottoutilizzo e anche dello spreco delle risorse stesse sia delle difficili condizioni in cui operano i diversi soggetti (imprese, università, scuole, organizzazioni della società civile). Intervenire con politiche mirate e partecipate può contribuire a liberare un potenziale di crescita enorme.

Nel Sud ci sono eccellenze e talenti in misura considerevole: purtroppo non fanno sistema, non fruttificano. Il futuro del Mezzogiorno – inteso come realtà complessa e differenziata – dipende dalla capacità di una progressiva autonomizzazione scientifica, tecnologica e produttiva, ovviamente non per via autarchica, ma facendo valere a pieno le relazionalità, le interdipendenze attivabili in un mutato quadro di politica economica nazionale. Occorre pertanto creare sinergie efficaci tra alcuni elementi chiave, così sintetizzabili:

– Da un lato, il sostegno e la valorizzazione dei tessuti distrettuali, presenti anche al Sud, attraverso la combinazione di realtà produttive localizzate e di patrimoni storico culturali consolidati nel tempo. Dall’altro, la riattualizzazione delle grandi polarizzazioni industriali, viste anche come fattore di traino per le piccole e medie imprese che possono trovare nel rapporto con la grande impresa non un fattore di dipendenza bensì uno stimolo alla diversificazione e alla internazionalizzazione;
– L’efficienza e l’efficacia gestionale delle diverse reti su cui circolano le conoscenze, le cose, le persone, gli stimoli ad innovare. Più in generale occorre creare un ambiente, un assetto urbano congruenti con la quantità e qualità di sviluppo che si vuole avviare (servizi reali territoriali prima ancora che strettamente industriali);
– La diffusione di una capacità di accoglimento degli stimoli alla modernizzazione e delle nuove tecnologie da parte del tessuto tecnico-produttivo, creando cioè le condizioni (culturali, di fornitura di servizi qualificati, ecc.) per far nascere e diffondere una diversificata e propulsiva domanda di protagonismo e di crescita. Sotto questo profilo la formazione di imprenditoria giovanile in forma cooperativa è di fondamentale importanza. La domanda potenziale va però suscitata, organizzata e strutturata. Occorre una rete di partner che aiuti gli aspiranti imprenditori a tradurre l’intuizione in piano di impresa, verificato e contrattato con i diversi soggetti economici ed istituzionali che forniranno risorse, assistenza tecnica e operativa;
– La creazione di punti di snodo per l’accumulazione e la distribuzione di know-how nel sistema complessivo (si pensi all’Università intesa non come corpo separato, ma come realtà integrante, alle istituzioni di ricerca, ai parchi scientifici, ecc.);
– Progettazione di funzioni di interfaccia, raccordo, ricomposizione. Sotto questo profilo le Regioni e i loro organismi potrebbero fare molto, ad esempio, esplicitando i macro interventi e facendo sì che essi esercitino un ruolo mobilitante e trainante nei confronti delle risorse e delle potenzialità locali; ricomponendo sul territorio la molteplicità di leggi e strumenti nazionali e comunitari oggi frammentati ed eterogenei; organizzando la domanda pubblica di determinati beni e servizi e facendo sì che essa possa incontrarsi con una offerta locale di cui si vuole stimolare la razionalizzazione e la ristrutturazione.

Come ha osservato il Presidente Napolitano, per il nostro Paese non c’è alternativa al “crescere insieme” e il crescere insieme significa crescere di più e meglio. Una crescita – si veda il documento Europa 2020 – che deve essere intelligente, inclusiva, sostenibile. Trattasi di sfida non facile, stante i molti fattori di freno che operano a livello sociale, culturale, comportamentale e che nel Sud assumono valenze e incidenze peculiari. Alla radice di molti problemi del Mezzogiorno sta la carenza di fiducia tra i cittadini, tra i cittadini e le istituzioni; sta di conseguenza il clientelismo e soprattutto l’affidamento ai potenti. La rassegnazione demotiva, porta al disimpegno, impedisce il dispiegamento delle potenzialità. E’ da qui che occorre ripartire per costruire il futuro. Partire dalla fiducia, dalla trasparenza, dalla cooperazione, dalla volontà di prendere parola contro tutte le omertà di comodo, di rischiare, dalla creazione di masse critiche prima di tutto a livello culturale capaci di trascinare e fertilizzare il contesto. Ciò vale non solo per il Mezzogiorno ma per tutto il Paese.

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