Il che è aspetto diverso dalla proposta di rimediare – e si è ancora in tempo – alle contraddizioni ed alle lacune contenute nella disciplina in itinere.
Facciamo un po’ d’ordine. Le azioni di gruppo sono una figura tipica del diritto e della società americana e consistono nell’iniziativa legale condotta da uno o più soggetti che chiedono al giudice di risolvere una questione comune, in fatto o in diritto, a tutti gli appartenenti a quella determinata categoria – ad esempio, i fumatori, gli automobilisti, i consumatori etc .-; l’aspetto qualificante della class action è che la decisione estende i suoi effetti a tutti i soggetti, presenti o futuri, appartenenti alla “ classe”. Questi ultimi possono decidere di avvalersi di tali effetti, così da non dover agire in giudizio per la stessa ragione, limitandosi a chiedere l’applicazione dell’eventuale pronunzia favorevole resa a seguito dell’azione di gruppo, oppure possono scegliere di coltivare con propria autonoma azione la loro pretesa ( il più delle volte di risarcimento di danni subiti).
Le azioni di gruppo, con versioni più o meno diverse, ormai sono una realtà – giuridica, ma ancor prima sociale – europea, visto che almeno 12 paesi dell’Unione sono dotati di apposita disciplina in materia. Il che non elimina i dubbi sul fatto che l’attuale testo ( art. 53 bis della Finanziaria) vada modificato: ecco alcune – tra le varie possibili – proposte di merito.
– La legittimazione ad agire: attualmente è limitata alle sole associazioni di consumatori e di utenti “ registrate” o che chiedano di “registrarsi”; così facendo si smarrisce il tipico collegamento della class action con le istanze della società civile. Ad esempio va previsto che possano esservi anche un’associazione e un comitato costituiti ad hoc, al più imponendo ad essi di essere autorizzati, caso per caso, dal Ministro della Giustizia, che ne valuti l’idonea rappresentatività, anche mediante un meccanismo di silenzio – assenso. L’attuale testo perpetua la logica delle associazioni che “ professionalmente” tutelano i consumatori e, al contempo, fanno accordi con le associazioni imprenditoriali, fungono da consulenti dei ministeri etc etc. In questo ambito la “ concertazione” non è un valore!
– Il criterio di appartenenza alla classe: l’attuale testo nulla dice sulla scelta del modello opt-in o opt – out, e cioè se un soggetto appartenga “ implicitamente” alla classe che agisce, a parità di questione di fatto o diritto che lo interessa, o se debba appositamente dichiararlo. Tale nodo va sciolto.
Si tratta di due sole indicazioni emblematiche e vari altri punti critici andrebbero segnalati; la sola certezza è che si deve lavorare sull’articolato e subito, senza tatticismi ed obiezioni tecniche “ in malafede”. Il rinvio sarebbe l’ennesimo capitolo di una storia che non riesce ad affrancarsi da un consumerismo, ma anche da un capitalismo “ all’amatriciana”.