Come si legge nell’enciclica stessa, il problema di fondo non è solo quello economico/finanziario, ma di una crisi culturale/etica/fiduciaria/politica e soprattutto umana e quindi di qualcosa di più strutturale e più profondo che non possiamo più ignorare. Il sopravvento delle ragioni economiche sulla Persona Umana – assoggettata solo al suo utilitarismo ed ad una falsa nozione di benessere – ha creato non solo disuguaglianze, ma un malessere collettivo in cui non viene più ad esserci un seme di speranza sia per le attuali generazioni e sia per quelle future, anche a causa di un problema ecologico e di senso della vita che sta attanagliando sempre più l’umanità.
Di fatto il messaggio papale, seppur con la dicitura: «… che la Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire…» (§ 9), dà indicazioni precise che dovranno cominciare a far parte del patrimonio sociale e, a maggior ragione, economico della sua Dottrina Sociale, in modo chiaro e preciso anche se molti – specie i famosi filosofi ed economisti teocon – per non accettarle dicono che sono oscure e fumose (si vedano i commenti sulla stampa di George Weigel e di Michel Novak). Si tratta di una presa di distanza da una teoria economica che la Chiesa ha avuto per lungo tempo ed iniziata dall’economia francescana seguita poi da quell’Economia Civile di stampo italiano che ha coniugato l’economia con la socialità e la felicità (come non ricordare Antonio Genovesi, Verri, Filangieri, Beccaria e tanti altri?) e che ha come obiettivo il bene comune e che poi – in un certo senso – “ha perso” per tanti motivi: il vero problema è che è stata dimenticata, in quanto l’economia di mercato di stampo capitalistico (in termini economici e non politici), di fatto improntata al bene totale, ha da subito preso il sopravvento sulla res oeconomica e con tutti quei problemi successivi che vedono l’apice in questa crisi.
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Si può affermare che l’attuale sistema economico (che nel bene e nel male) ci ha condotto a questa crisi, non è quello desiderato neanche dal capitalismo di stampo classico e che è veramente alternativo – ma in senso negativo -a quanto si dovrebbe; mentre quello “etico” che si propone (e che viene definito nella normalità alternativo, per i “buoni” esempi che offre) è quello normale e naturale in quanto si fa carico della persona umana per intero e senza barriere (razziali, di genere, di condizione, …). Insomma una vera rivoluzione che serve per integrare e non per escludere e, quindi contraddicendo pienamente quanto successo in questo mercato capitalistico&liberista nel quale il denaro, da strumento qual è, è divenuto fine, mentre la Persona umana da fine è divenuta mezzo.
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Così facendo ci si è schierati apertamente, ma con millenni di riflessione cristiana e laica alle spalle sul denaro, sull’usura e sull’economia in genere[1], ecc., per una economia che – come si è visto – fosse di fatto al servizio della crescita integrale della persona umana. Non si abbandona il mercato in genere, ma si abbandona quel mercato capitalistico che ha dato poco spazio ad una giusta ricchezza e di sviluppo per tutti. L’alternativa che si propone è, quindi, un mercato sociale, civile, in cui non ci sia solo lo scambio di equivalenti (ossia lo scambio classico dato dal contratto), ma ci sia la reciprocità e la fraternità (§ 35).
In quanto espresso in modo plastico, è giusto riportare quanto scrive l’economista L. Bruni quando riporta il passaggio dell’enciclica in cui “Benedetto XVI afferma che la Caritas, l’amore (eros, philia e agape) è fondamento sia della vita spirituale, ecclesiale e comunitaria, sia della vita economica e politica: essa «dà vera sostanza alla relazione personale con Dio e con il prossimo; è il principio non solo delle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici» (§ 2). In modo umile e sussurrato oso dire che mi auspicherei però che la stessa Chiesa sia la prima ad operare nel mondo della finanza e dell’economia in modo puro ed autentico, non solo per essere sempre rispettosa verso la Scrittura, ma, e coerentemente, verso le sue stesse riflessioni e i documenti redatti (bellissimi e profetici e che non possono rimanere lettere morte) che valendo per tutti, dovrebbero valere anche per Lei. Oggi abbiamo, come Popolo di Dio e non solo, bisogno di segni che sono essenziali al Suo kerigma: la Chiesa ha il dovere di darli per prima, affinché siano poi coscientemente seguiti da tutti i suoi Christi fideles (laici e religiosi).
Concludendo si può dire che la visione di quest’enciclica è di un’apertura di vero credito all’andare avanti per tutti coloro che si stanno battendo da tempo su e per questi temi: gli operatori a tutti i livelli di Banca Etica, dell’applicazione corretta della Responsabilità Sociale d’Impresa, del Mercato Equo e Solidale, ecc., e che finalmente sono riconosciuti ufficialmente. Ma non solo: si dice a chiare lettere che bisogna cambiare l’economia, ed in modo più umano (e quindi in meglio, dato che la Persona Umana è stata, ed è ancora, troppo trascurata da e per una giusta ripartizione della ricchezza e non solo) affinché si possa veramente intraprendere una strada coerente per la risoluzione delle tante traversie che affliggono l’Umanità e la Natura.
Ma una domanda mi coglie l’obbligo di porre alla fine: come il popolo d’Israele nella sua diaspora, si è oggi in ricerca di un nuovo senso della vita; e gli strumenti per raggiungere qualche risultato sembra ci possono essere. C’è però la volontà? Ad ognuno si chiede, ed inevitabilmente, la sua peculiare ed essenziale risposta.
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[1] Si pensi al pensiero di personaggi quali (a parte gli economisti “francescani”): San Tommaso d’Aquino, Pietro de la Palu, Guglielmo d’Ockham, Sant’Antonino da Firenze, Giovanni Mair, Francesco de Vitoria, Luigi de Molina, Sant’Alfonso de Liguori, Francesco Suarez e tanti, tanti altri, specie nell’età moderna e contemporanea…
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