I maltusiani della prima generazione non avevano compreso che il futuro non sarebbe stato semplicemente l’estrapolazione lineare del tasso di crescita della popolazione e delle risorse alimentari agli albori della rivoluzione industriale. Il progresso tecnologico avrebbe enormemente aumentato la capacità degli abitanti del pianeta di creare valore economico e, invece di una scarsità di cibo per tutti, avremmo avuto un futuro di salari reali (ovvero di quota di valore mediamente creata da un ora di lavoro) in crescita, salvo poi dover subire le conseguenze drammatiche di diseguaglianze distributive e di capacità di produrre non in grado di ripartire tra tutti i benefici dello sviluppo.
I maltusiani di nuova generazione ignorano uno dei risultati fondamentali della teoria economica degli ultimi decenni. Il più fenomenale ed efficace metodo naturale di controllo delle nascite è quello dell’incremento dell’istruzione femminile e dell’adozione degli stili di vita occidentali.
La relazione negativa tra istruzione femminile e fertilità (senza imposizioni dall’esterno ma come frutto delle scelte di procreazione responsabile dei singoli) è fortissima e dimostrata da moltissimi studi. E’ alla base delle politiche di promozione dell’istruzione che hanno creato le premesse per lo sviluppo in Asia. E spiega il crollo demografico in quasi tutti i paesi del mondo nel corso degli ultimi decenni. Dal 1960 al 2001 il numero medio il tasso di fertilità è sceso da 7,2 al 3,66 figli per donna nel Medio Oriente e nel Nord Africa. Da 3 a 1,6 nei paesi OCSE ad alto reddito e persino in Africa sub-Sahariana da 6,5 a 5,15. Se le politiche internazionali di aiuto allo sviluppo e di sostegno all’istruzione avessero funzionato anche gli ingegneri sociali si sarebbero tranquillizzati evitando l’appello alla pianificazione delle nascite.
Conoscendo questi meccanismi era facile prevedere già qualche anno fa il ridimensionamento del pericolo della bomba demografica. Che puntualmente è avvenuto da parte di chi (le Nazioni Unite) avevano maggiormente paventato il problema e suggerito l’adozione di politiche di controllo delle nascite. Solo qualche giorno fa sono stati diffusi sulla stampa mondiale i risultati degli ultimi studi demografici delle Nazioni Unite che sottolineano come oggi siamo 6 miliardi e 863 milioni (una cifra impensabile per i vecchi maltusiani e le loro previsioni), arriveremo a 8-9 miliardi nel 2040 per poi scendere drasticamente e stabilizzarci attorno ai 5 miliardi nel 2100. E’ prevedibile a mio avviso che la diffusione degli stili di vita occidentali nei paesi ad alta fertilità sia sottostimata e che il picco del 2040 potrebbe essere ancora più basso.
Molti paesi si stanno già attrezzando per affrontare le conseguenze di quest’inversione di tendenza: la Cina sta superando la politica del figlio unico mentre in Italia (ma diffidiamo sempre delle estrapolazioni anche in senso inverso) si perderà l’86 percento della popolazione autoctona nel 2100.
E’ il benessere e l’istruzione la soluzione del problema demografico coerente con il diritto dei singoli di autodeterminarsi e di porre le condizioni per la loro realizzazione. E non, al contrario, il vincolo artificiale sulle nascite che produce benessere.
Il bene comune è creare quell’insieme di condizioni che consentono più rapidamente alle persone di raggiungere la loro realizzazione e pienezza. Sa molto di impegno per la creazione di opportunità che aumentino il ventaglio delle possibilità di scelta e di fruizione di beni da parte degli individui nel rispetto della loro libera autodeterminazione. E molto poco di un’imposizione di vincoli dall’alto che violenta le loro convinzioni morali in nome dell’interesse superiore della società.
Se abitaste in uno dei pochissimi paesi rimasti con tassi di fertilità sopra il livello di riproduzione preferireste la prima o la seconda strada?