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rnVent’anni fa il crollo del muro di Berlino. Crollò, o meglio, venne abbattuto da migliaia di persone che videro in quel gesto la conquista di una libertà che, solo qualche anno prima, sembrava irrimediabilmente perduta.

Poco dopo questo fatto epocale Giovanni Paolo II, che ebbe un ruolo fondamentale nel porre fine all’ideologia del sogno comunista, scrisse queste parole:   “La caduta del muro come il crollo di pericolosi simulacri e di una ideologia oppressiva, hanno dimostrato che le libertà fondamentali, che danno significato alla vita umana, non possono essere represse e soffocate a lungo. L’Europa, il mondo intero hanno sete di libertà e di pace! Occorre costruire insieme la vera civiltà, che non sia basata sulla forza, ma sia `frutto della vittoria su noi stessi, sulle potenze dell’ingiustizia, dell’egoismo e dell’odio, che possono giungere sino a sfigurare l’uomo”.   La lucidità di questa riflessione ci permette di ricordare i vent’anni di questo evento storico senza diventare falsamente celebrativi. Ricordare il crollo del muro è sì ricordare la riconquista della libertà di milioni di persone, ma al tempo stesso ricordare quel fatto deve far scattare in noi quella sottile inquietudine, quel sottile stato di positivo “malessere”, che ci porta a domandarci se la società che stiamo costruendo oggi sia effettivamente “frutto della vittoria su noi stessi, sulle potenze dell’ingiustizia, dell’egoismo e dell’odio”.   E’ ancora Giovanni Paolo II, nel suo viaggio in Polonia del 2002, ma lo aveva già fatto in quello del giugno del 1991, a metterci in guardia dal rischio di considerare quell’evento epocale come la soluzione di tutti i mali della nostra società, e a ricordarci che di fronte alla caduta del muro si sono aperte grandi prospettive e speranze, ma anche enormi rischi, che hanno messo in luce tutti i limiti della società occidentale. "[…] Le vicende polacche mi stanno molto a cuore. So quanto è cambiata la nostra Patria dal tempo della mia prima visita nel 1979. Questo è un nuovo pellegrinaggio, durante il quale posso osservare come i polacchi gestiscono la riconquistata libertà. […] So che tanti osservano e valutano con sguardo critico il sistema, che pretende di governare il mondo contemporaneo secondo una visuale materialista dell´uomo. La Chiesa ha sempre ricordato che non si può costruire un futuro felice della società sulla povertà, sull´ingiustizia, sulla sofferenza di un fratello. Gli uomini che si muovono nello spirito dell´etica sociale cattolica non possono restare indifferenti di fronte alle sorti di coloro che rimangono senza lavoro, vivono in uno stato di crescente povertà senza alcuna prospettiva di miglioramento della propria situazione e del futuro dei loro figli. So che tante famiglie polacche, soprattutto le più numerose, tanti disoccupati e persone anziane portano il peso dei cambiamenti sociali ed economici. A tutti costoro voglio dire che condivido il loro fardello e la loro sorte."

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