Dopodiché, quando si spengono i riflettori dei media, nessuno parla più né di responsabilità, né di misure per evitare che si ripetano disastri simili.
In altre parole, il discorso sulla “responsabilità” sembra ormai logoro e spesso demagogico, perché abusato ogni qualvolta bisogna ammettere che istituzioni, imprese o singole persone non si sono assunti le loro responsabilità. Già, ma quali sono le responsabilità di ciascuno? Quelle di rispettare le leggi vigenti in un dato momento? Di fare tutto ciò che favorisce il nostro interesse, anche se lede quello degli altri, purché nessuno lo scopra per almeno dieci o venti anni, ovvero quando sarà passato troppo tempo e troppi uomini per poterne attribuire le responsabilità a qualcuno? Oppure, il discorso sulla responsabilità dovrebbe cominciare ad andare oltre tutto questo.
Un’impresa edilizia che costruisce una casa a norma di legge, in un territorio dichiarato a forte rischio sismico, non può per questo ritenersi responsabile se la legge è tale da non consentire che la casa rimanga in piedi anche con una scossa del quinto grado. Così come non può considerarsi irresponsabile un funzionario che dà un certificato di conformità antisismica ad una casa appena ristrutturata limitandosi a mettere un timbro nel proprio ufficio, solo perché il suo lavoro consiste in questo. Non è forse questo un paradosso che viviamo ormai quotidianamente?
E questo perchè il significato di responsabilità oggi non riesce ad andare oltre il rispetto delle leggi e dei doveri di ciascuno.
Gli psicologi ci insegnano che il vero senso di responsabilità molto spesso si traduce negli adulti in forme di comportamento “generativo”. La generatività è stadio dell’adulto che, dopo aver acquisito la propria identità durante l’infanzia e l’adolescenza e aver trovato un partner con cui stare bene, giunge ad una fase della vita in cui sente il bisogno di costruire qualcosa, di prendersi cura delle generazioni future, di lasciare un mondo migliore per tutte quelle persone e istituzioni che verranno dopo di lui. E’ in questa fase della vita adulta che ciascuno di noi dà il suo contributo maggiore alla propria famiglia, comunità, società o cultura, perché è qui che diventiamo veramente responsabili nei confronti degli altri. Gli adulti assumono comportamenti generativi in contesti sociali e attraverso istituzioni sociali in ambito politico, economico, religioso e culturale. E’ generativo un’insegnante che cerca di trasmettere ideali e valori positivi, lezioni di vita, oltre che semplici nozioni e informazioni che lo studente dimenticherà in poco tempo se non associate a qualcos’altro. E’ generativo il leader che riesce a trasmettere i propri “carismi” a coloro che collaborano con lui o che in qualche modo lo ascoltano e lo seguono (vedi l’esempio di Gandhi).
Essere generativi non significa che bisogna limitarsi semplicemente a comportarsi in modo tale da non “danneggiare” chi verrà dopo di noi. La persona o istituzione generativa deve andare oltre: deve fare in modo di lasciare un mondo migliore alle generazione future rispetto a quello in cui viviamo noi oggi, facendo in modo di coniugare i valori della nostra cultura e le esperienze acquisite nel passato con le sfide che si aprono per il futuro.
Tutto questo vuol dire, tradotto in termini concreti, che i treni che trasportano gas, come le infrastrutture su cui transitano, vengano revisionate con cura e sottoposte a controlli in modo da prevenire ed evitare il rischio di altri incidenti come quello accaduto a Viareggio. Vuol dire costruire delle case che tra vent’anni, se si dovesse verificare un altro terremoto come quello dell’Aquila, rimarranno in piedi, senza distruggere più intere famiglie, anche se questo comporta andare oltre il mero rispetto delle leggi antisismiche vigenti. Vuol dire, infine, che i politici e le istituzioni che ci governano non facciano solo demagogia quando varano una legge, ma comincino anche ad assumersi una volta per tutte l’ “impopolarità” di garantire alle generazioni future (e non solo agli italiani che votano oggi) un lavoro che gli permetta di vivere decorosamente, di comprarsi una casa senza indebitarsi a vita, di costruirsi una famiglia, senza sacrificare il desiderio di fare qualche figlio in più o di vivere in una casa sicura e di godersi una vecchiaia dignitosa dopo una vita di lavoro.
rnOggi la società italiana, ma, credo, quella di tutto il mondo, se vuole migliorare il mondo in cui viviamo e che lasceremo un giorno ai nostri figli, non ha più bisogno solo di maggiore “responsabilità”, ma anche e soprattutto di una maggiore visione e capacità “generativa”.