Il libro di Daniela Preite rappresenta, fra le altre cose, un’ulteriore smentita all’interpretazione “grigia” del termine “bilancio”. “Ulteriore” perché, in fondo, chi redige un bilancio sa bene che è necessaria una dose di fantasia per far quadrare i conti, sia sulla carta che nella vita.
Daniela Preite conia, infatti, la locuzione “Il Bilancio dei desideri” per indicare il resoconto che ciascuno, in maniera obiettiva e personale, dovrebbe fare per chiarire a se stesso la rotta che sta dando alla propria esistenza.
Il libro “Il Bilancio dei desideri” (una fiaba per tutti) racconta di Perfettino, un manager maniacalmente preciso sul lavoro ed in famiglia, la cui regolarità è messa in crisi da una statua che, all’improvviso, si mette a parlare, chiedendogli quali siano i suoi desideri, dal momento che sembra passare la vita cercando di soddisfare quelli degli altri. Con l’aiuto dell’amico contabile Risolutore, Perfettino si mette a stilare un bilancio dei desideri raggiunti e ancora da raggiungere. In un primo tempo riesce a comprendere solo i desideri materiali, ma quando la statua lo sprona ulteriormente riesce a vedere anche quelli immateriali e quelli autentici, ovvero non condizionati dalle aspettative degli altri. Vista la distanza tra i suoi desideri autentici (passione per la musica, voglia di avere più tempo da dedicare a se stesso) e la realtà, la tentazione è quella di cambiare radicalmente vita, ma Perfettino finisce per capire che è possibile conciliare sogni e realtà in un bilancio unico, che comprenda i desideri di ogni genere.
Assolutamente apprezzabile è la freschezza con cui l’Autrice affronta temi impegnativi come l’atavico dilemma fra ciò che si desidera e ciò che gli altri desiderano da noi o la scelta del proprio termine di paragone per decidere se e come cambiare: mi confronto con il mio io miope o con una verità esterna ed oggettiva, rappresentata nel libro da una statua parlante, ma interpretabile soggettivamente da ciascun lettore?
Due elementi, in particolare, conferiscono al libro un approccio controtendenza.
Il primo: in un mondo di dilagante “tuttologia”, invaso da opinionisti che in genere non hanno le competenze per dare opinioni pertinenti, l’Autrice non si erge a psicologa improvvisata fornendo quella che sarebbe un’improbabile “formula magica” che consente a tutti di trovare il proprio equilibrio. Grazie al Cielo, Daniela Preite fa quello che sa fare unendo le sue competenze professionali (sui temi della contabilità) alla sua esperienza di vita ed umilmente fornisce degli spunti di riflessione e degli strumenti al lettore che resta, comunque, il protagonista della propria vita. Che sia un tentativo ed un invito a far riscoprire a ciascuno l’esistenza della propria coscienza?
Il secondo: la positività che traspare nel racconto. Anche quando Perfettino, il protagonista, si rende conto che le cose non sono come sembrano essere, la statua parlante lo invita a riflettere e a non buttar via tutto ciò che ha fatto sino ad allora, spronandolo a capire ciò che vuole veramente. Del resto se tanto di ciò che siamo, nel bene e nel male, dipende dalle scelte fatte, perché illudersi di cancellare il passato, correndo il rischio di eliminare anche il buono che l’esperienza trascorsa ci ha dato, invece di concentrarsi sul migliorare se stessi?
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