Papa Francesco si annuncia come il papa delle novità, non solo perché la sua elezione era assolutamente inattesa ma anche perché si tratta del primo pontefice dell’America latina, il primo gesuita e il primo ad attribuirsi il nome di Francesco.
rnNovità non di poco conto sui piani simbolico e sostanziale che è auspicabile possano sempre compenetrarsi per offrirci una adeguata comprensione del momento storico che stiamo vivendo.
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Jorge Mario Bergoglio, classe 1936 e origini piemontesi, diplomato come tecnico chimico scelse poi la via del sacerdozio. Entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù compiendo studi umanistici in Cile e conseguendo poi la laurea in filosofia e quindi in teologia.
Le sue berrette sono passate dalle mani di Giovanni Paolo II che nel 1992 lo nominò vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires, creandolo cardinale nel 2001.
L’elezione al soglio di Pietro non era attesa: il cardinale Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, non rientrava nella rosa dei papabili ma neppure in quella degli outsider, un nome comunque “forte”, considerato che nel conclave del 2005 aveva ottenuto un numero considerevole di voti.
Alla sorpresa per questa elezione si è subito aggiunta quella per un pontefice che sta dimostrando tutto il calore latino-americano. I primi gesti del nuovo papa sono stati fortemente spontanei e simbolici: l’inchino dalla loggia delle benedizioni, pochi minuti dopo la sua presentazione al mondo, chiedendo la preghiera dei fedeli, l’incontro con gli operatori dei media, la messa domenicale alla parrocchia vaticana di Sant’Anna cui è seguito un inatteso bagno di folla, il primo Angelus.
Il giudizio su questo pontificato dovrà necessariamente arricchirsi via via di elementi più sostanziali, a partire dai primi provvedimenti concreti per il governo della Chiesa, ma è evidente che l’impressione data al mondo riveste una certa importanza.
La Chiesa si presenta così con il dinamismo e l’entusiasmo di un rinnovato vigore, proprio come ha auspicato papa Benedetto al momento della sua rinuncia. Una Chiesa capace di rigenerarsi dopo il recente periodo buio di Vatileaks nel quale papa Ratzinger ha dimostrato grande coraggio e determinazione. E papa Francesco sembra proprio rispondere all’auspicio del suo predecessore: un pastore comunicativo, capace di affrontare le nuove sfide con rinnovata energia fisica e spirituale, di proporre al mondo il volto di una Chiesa lontana dalle operazioni di curia che, negli ultimi tempi, non hanno di certo giovato alla sua immagine. E la scelta di un pontefice lontano da quei corridoi è stata la conferma che era il momento di passare la mano, di rispondere alla missione di una chiesa universale, non distratta da vicende tutte nostrane.
In questa fase che apre non solo un nuovo pontificato ma anche un periodo particolarmente delicato per la Chiesa (attesa da numerose sfide interne ed esterne, dalle questioni di governo e da quelle finanziarie, alla risposta ai grandi temi posti e imposti dalla secolarizzazione e dalle nuove sfide sociali) è opportuno guardare a ieri e al domani con uno sguardo di continuità.
La continuità del messaggio evangelico che, al di là delle questioni di Stato, connota il cammino della Chiesa. Un elemento questo da non perdere di vista: per i credenti è evidente che la scelta del pontefice non è frutto di calcoli tra cordate di cardinali, bensì ispirato dallo Spirito Santo che, a quanto pare, riesce sempre a sorprendere e a spiazzare ogni possibile previsione.
Quello da cui è bene rifuggire è dunque una visione parziale delle situazioni, uno sguardo a compartimenti stagni, peggio ancora una contrapposizione tra i pontificati.
Papa Ratzinger ha dovuto subire per otto anni il confronto con il suo predecessore, per tratti caratteriali maggiormente comunicativo e spontaneo.
Eppure il suo è stato un pontificato di grande spessore teologico ma anche di buon governo, durante il quale è riuscito a fronteggiare con forza e decisione i venti contrari, che oltre a strappare qualche vela della barca di Pietro, spesso hanno spazzato via la fiducia e le aspettative delle fedi meno mature.
Papa Francesco si presenta con la stessa vivacità comunicativa di Giovanni Paolo II e questo potrebbe stringere Joseph Ratzinger nella morsa di nuovi raffronti.
Adesso è auspicabile che non si cada in queste trappole esteriori ma che si guardi al nuovo pontificato come a un momento di maturazione della Chiesa, possibile proprio grazie ai precedenti pontificati. Con questa visione d’insieme sarà possibile comprendere appieno la portata del nuovo ministero petrino e il messaggio di papa Francesco. Francesco come il santo di Assisi, con un futuro che sembra proiettarsi nella luce dell’umiltà, dell’attenzione alla pace, ai poveri, al creato.

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